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Ventisei anni dopo Margaret Thatcher, una donna entra da padrona di casa al 10 di Downing Street. Un passaggio simbolico che però si consuma di corsa e senza celebrazioni, sullurgenza di restituire un equilibrio, un centro di gravità almeno provvisorio al Paese scosso dal terremoto Brexit.Così la 59enne Teresa May, attuale ministra dellInterno, domani sarà nominata primo ministro, mentre ieri è diventata automaticamente leader dei Tories. Grazie un piccolo colpo di scena che ha fatto saltare la macchina delle primarie previste per il 9 settembre: Andrea Leadsom la sua rivale nella successione a David Cameron ha infatti gettato la spugna, non parteciperà al voto tra gli iscritti del partito conservatore perché consapevole di avere pochi consensi tra i deputati tories e soprattutto di avere ancor meno popolarità nella base. Leasdom dice che rinuncià anche per il bene comune e per amore della Gran Bretagna: «Nove settimane di campagna elettorale sono altamente indesiderabili in questo momento in cui abbiamo bisogno di stabilità e di una guida sicura». Parole nobili. In realtà, come sostengono le malelingue, Leadsom è stata costretta ad abbandonare la corsa per via di unimperdonabile gaffe che ha fatto colare a picco le sue quotazioni: durante unintervista aveva dichiarato che essere madre è un vantaggio per una donna che scende in politica in quanto permette «una maggiore comprensione» delle esigenze della nazione, un chiaro riferimento a May che è sposata ma non ha mai avuto figli. Per questa uscita Leadsom ha prima accusato i media di averla fraintesa, ma poi si è dovuta scusare con la sua compagna di partito, la quale, onorando il balletto diplomatico, ha reso omaggio «alla dignità» della sua ex sfidante.«Teresa May ha il mio pieno sostegno, sarà più che capace di esercitare la forte leadership di cui ha bisogno il Paese», ha affermato Cameron che stasera prenderà parte al suo ultimo question time da primo ministro in parlamento; poi si presenterà a palazzo reale per rassegnare le dimissioni.Sul fronte dellopposizione laburista, intanto, unaltra donna tenta la scalata al suo partito: Angela Eagle ha ufficializzato la sua candidatura alla guida dei labour lanciando la sfida a Jeremy Corbyn, leader in grande difficoltà dopo la pioggia di critiche piovutegli addosso per non essersi impegnato a sufficienza contro la Brexit conducendo una campafgna debole e svogliata per il remain. Sfiduciato dalla maggioranza dei deputati alla Camera dei comuni, Corbyn sembra avere poche speranze di rimanere in sella ai laburisti. Cinquantacinque anni, ex sindacalista, attivista dei diritti civili, lesbica dichiarata, laureata in filosofia e campionessa di scacchi in gioventù, Eagle ha un profilo capace di attrarre i consensi dellala sinistra del partito, la stessa che fin qui ha appoggiato Corbyn. «Salverò i labour» ha tuonato nel suo primo discorso da sfidante.