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Il giudice federale dello stato di Washington, James L. Robart, ha sospeso su tutto il territorio degli Stati Uniti il bando agli immigrati dei sette paesi a prevalenza musulmana (Siria, Libia, Yemen, Sudan, Somalia, Iran, Iraq) che, secondo la Casa Bianca, fiancheggerebbero il terrorismo. Poche ore dopo la sentenza, gli effetti sono subito scattati: l’ufficio federale per il controllo delle frontiere ha autorizzato tutte le compagnie aeree ad imbarcare i passeggeri, in precedenza colpiti dal «muslim ban» e non fatti salire. Il sistema giudiziario statunitense fa scudo contro le misure imposte dal neo-presidente, con le parole di Bob Ferguson, general attorney dello stato di Washington, che aveva avviato la causa, ha sottolineato invece che «la legge ha la capacità di sottomettere tutti ad essa, e questo include anche il presidente degli Stati Uniti». Trump, però, non si arrende e anzi mette al lavoro i legali per fare ricorso, definendo la decisione del giudice federale "ridicola". Non solo, si concentra anche contro nuovi bersagli: Cuba e l'Iran. Il presidente ha annunciato provvedimenti che ridimensionaranno la politica di riavvicinamento con L'Avana avviata dall'amministrazione Obama e anche che ci saranno sanzioni economiche nei confronti dell'Iran, in seguito agli esperimenti missilistici messi in atto da Teheran.