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Mentre droni, missili ed elicotteri di entrambi gli schieramenti affollano i cieli sarmati, le delegazioni diplomatiche ucraine e russe dialogano, a turno, con gli Stati Uniti nelle lussuose sale dell’Hotel Ritz Carlton di Riad, nuova mecca della diplomazia, su cui il mondo volge occhi e orecchi nell’attesa di una svolta delle trattative.
Domenica è stato il turno di ucraini e americani. L’incontro è stato definito “produttivo” dalla delegazione di Kiev, che rimarrà a Riad in vista del secondo incontro con gli statunitensi, fissato per il prossimo lunedì. «I negoziati di solito richiedono più di un giorno, a volte mesi, e alcuni negoziati, come l'accordo sul Medio Oriente, durano anni», ha dichiarato il consigliere del capo dell’ufficio presidenziale ucraino, Serhiy Leshchenko. «Non voglio che si guardi a questo, ma che si capisca che gli incontri saranno abbastanza regolari e che non tutti si concluderanno con dichiarazioni pubbliche, apparizioni congiunte sulla stampa». Leshchenko ha precisato che un eventuale accordo sarebbe «un cessate il fuoco reciproco: noi non attacchiamo le loro strutture, comprese quelle fluviali, e loro non attaccano le nostre».
Oggi al tavolo delle trattative si sono sedute le delegazioni russa e americana. Grigory Karasin, capo del Comitato per gli affari internazionali, interpellato dalla stampa russa sulla possibilità di raggiungere un accordo, ha risposto con prudenza che «non tutti i negoziati si concludono necessariamente con documenti e accordi su larga scala. È importante mantenere i contatti e capire sempre il punto di vista dell'altro».
All’ordine del giorno la ripresa dell’accordo sui cereali, prodotti agricoli e fertilizzanti. «Questa è stata la proposta del Presidente Trump e il Presidente Putin l'ha accettata. È con questo mandato che la nostra delegazione si è recata a Riyad», ha dichiarato il portavoce di Putin, Dimitri Peskov. A rimarcare il fatto che gli incontri diplomatici in corso in questi giorni non sono finalizzati ad un rapido raggiungimento di un accordo di pace, la portavoce del Cremlino, Maria Zakharova, ha sostenuto che «non bisogna aspettarsi tanto una svolta, quanto capire che si lavora in varie direzioni».
Intanto russi e ucraini si accusano a vicenda di non volere la pace, e al contrario di voler continuare le ostilità. Nonostante il Cremlino sostenga che la tregua di trenta giorni sulle infrastrutture energetiche, frutto della telefonata tra Trump e Putin, sia ancora in vigore, tanto che Peskov ha dichiarato che «anche i nostri interlocutori americani sono in grado di monitorare la situazione e di trarne le opportune conclusioni», Kiev accusa Mosca di averla violata poche ore dopo l’inizio, con diversi attacchi su infrastrutture e centrali ucraine. Accusa che rimbalza da una parte all’altra del fronte: «Kiev non vuole davvero la pace, gli attacchi con droni nella regione di Krasnodar alla vigilia dei colloqui di Riad ne sono la dimostrazione», ha detto Maria Zakharova.
Le affermazioni di Zakharova giungono a poche ore di distanza dall’attacco russo sulla città ucraina di Sumy, che ha provocato 74 vittime, di cui 13 bambini. «Non importa di cosa parliamo con i nostri partner», ha affermato Zelensky domenica sera, «dobbiamo spingere Putin a ordinare veramente di fermare gli attacchi: chi ha portato questa guerra la deve anche portare via», sollecitando una maggiore «pressione sulla Russia per fermare questo terrore. Questo dipende da tutti i nostri partner: gli Stati Uniti, l'Europa e altri nel mondo. Dopo l'ultimo incontro a Gedda, è diventato assolutamente chiaro al mondo intero che la Russia è l'unica che sta trascinando questa guerra, l'unica che l'ha portata qui, e l'unica che ha bisogno che continui».
Nel clamore mediatico, derivato da dichiarazioni e attacchi incrociati, gli ‘stati volenterosi’, così definiti dal premier britannico Starmer, rimangono alla finestra e, al netto di organizzare summit per trovare una strategia comune e possibili soluzioni al conflitto, faticano a ritagliarsi un ruolo di rilievo nelle trattative.
La Cina, che secondo alcune indiscrezioni trapelate negli scorsi giorni starebbe valutando di aggiungersi ai volenterosi, ha smentito con fermezza la possibilità, precisando anche che le sue truppe non parteciperebbero ad un’eventuale missione di peacekeeping. «Sono notizie del tutto false, la posizione della Cina sulla crisi in Ucraina resta coerente e inequivocabile» ha dichiarato Guo Jiakun, portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino.