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Improvvisa impennata dello scontro tra Israele e le milizie a Gaza con l’uccisione di un importante leader della “jihad islamica palestinese” e una successiva pioggia di razzi contro diverse località dello Stato ebraico tra cui Tel Aviv.
L’omicidio mirato di Bahaa Abu Al- Ata, la cui abitazione è stata distrutta da un missile è avvenuto nella notte tra lunedì e martedì in un’operazione congiunta dell’esercito israeliano e dell’agenzia di sicurezza interna, lo Shin Bet. Quasi in contemporanea Israele ha colpito l’abitazione a Damasco di un altro leader della Jihad islamica, Akram al- Ajouri. Ajouri è sopravvissuto all’attacco, ma suo figlio Muadh è rimasto ucciso. La tv israeliana ha aggiunto che l’abitazione si trova vicino l’ambasciata libanese e nell’attacco, oltre al figlio, è morta anche una guardia del corpo.
Appena un’ora dopo le incursione le sirene sono risuonate ad Ashdod, Beit Elazari, Ashkelon, Zikim, Karmia, più a nord a Holon e Rishon Le Zion, e anche alle periferie di Tel Aviv, a conferma che la replica dei miliziani da Gaza non si era fatta attendere. Le autorità israeliane hanno decretato la chiusura di scuole e uffici, invitato i lavoratori «non essenziali» a rimanere a casa. Il sistema di intercettazione dei razzi, l’Iron Dome, ha intercettato alcuni razzi su Jaffa.
La Jihad Islamica palestinese ha detto che è stata «superata la linea rossa» annunciando che «l’inevitabile ritorsione scuoterà l’entità sionista». Anche Hamas ha fatto sentire la sua voce: «Uccidere Abu Al- Ata non passerà senza una risposta».
Secondo i generali israeliani al- Ata aveva in programma di eseguire attacchi missilistici e altre attività terroristiche ed era anche direttamente responsabile di numerosi lanci di missili negli ultimi sei mesi. È la prima volta dal 2014, da quando ci fu l’ultima grande guerra con Gaza, l’operazione scudo protettivo, che l’esercito fa chiudere scuole e uffici oltre a attività non necessarie.
Intanto la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che gli alimenti originari dei Territori occupati in Cisgiordania devono recare l’indicazione del loro territorio di origine accompagnata, nel caso in cui provengano da un insediamento israeliano, dall’indicazione di tale provenienza. Secondo la Corte Ue, i consumatori potrebbero essere tratti in inganno dal fatto di apporre su alcuni alimenti l’indicazione secondo cui lo Stato di Israele è il «paese d’origine», quando tali alimenti sono originari di territori che dispongono ciascuno di uno statuto internazionale proprio e distinto.