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«Donne, diamoci una mossa, serve fare gioco di squadra». Livia Turco, ex ministro, una storia politica che nasce nel Partito Comunista e gli ultimi anni passati a tramandare la memoria storica delle Madri costituenti con la Fondazione Nilde Iotti, guarda alla politica di oggi con la nostalgia di una «politica elegante» e non incatenata «all’ipertrofia dell’io maschile». In questi giorni lei ha definito l’attuale situazione all’interno del Pd «l’ipertrofia dell’io maschile», che cosa intende? Lo dice la parola stessa. Mi riferisco a un ego gigantesco, che non riesce vedere gli altri e che tara su di sé la misura della politica. Un io talmente grande da dimenticare il bene comune e le relazioni umane. Ecco, così mi sembra diventata la politica di oggi. E le donne dove sono? Le donne hanno dato il loro meglio quando si sono fatte portatrici di un modo di fare politica che metta al centro il rammendo sociale, il prendersi cura della società. Non mi spiego il loro silenzio, perchè in momenti durissimi come quello del superamento del Pci le donne c’erano eccome, con grande forza, passione e determinazione. Forse però le donne si sono un po’ ritratte perchè hanno percepito questa fase come un gioco maschile, un politichese lontano dai contenuti. Viene da rimpiange la politica del passato, quindi? Io rimpiango una politica elegante. Oggi invece la politica è chiassosa, pressapochista, incentrata sull’io e sull’apparire. In sostanza, poco capace il quella che fu la grande dote delle Madri costituenti: curare la relazione umana e intendere la rappresentanza come un modo per dare volto e voce alle cittadine italiane all’interno delle istituzioni. E questo manca completamente oggi? Guardi, io sono contraria a mettere tutti sullo stesso piano: la politica è fatica e rinuncia e ci sono tante e tanti parlamentari giovani e meno giovani che fanno benissimo questo lavoro. Ciò che intendo dire è che, anche oggi, ci sono persone che riescono a fare politica in modo elegante, ma spesso il loro apporto non viene notato. Il problema, quindi, è che si nota di più la politica chiassosa di cui diceva prima? Purtroppo il nostro presente è fatto di una politica che deve fare notizia, in un circuito perverso con i media: va di moda la politica dell’apparire, della polemica e della provocazione. Questo è il problema: il modo prevalente di fare politica oscura quelle tante persone per bene che lavorano mettendo al centro le relazioni umane invece che se stessi. Ecco, proprio le relazioni umane sembrano essersi spezzate all’interno del Partito Democratico... Io credo che questo sia il male oscuro che ha attanagliato anche il Pd. Sono convinta che non si sarebbe arrivati alla scissione se ci si fosse curati di più delle relazioni umane, se ci fossero stati più luoghi di discussione collettiva, se ci fosse stato un maggiore riconoscimento del dialogo tra generazioni e dunque se non fosse stata usata quella parolaccia che è “rottamazione”: si rottamano le cose e non le persone. “Rottamazione” è stata la parola d’ordine dell’ormai ex segretario Matteo Renzi. Si sente di rimproverargli qualche cosa? Mi sento di dire questo all’ex segretario del mio partito: sarebbe servita un po’ più di attenzione alle relazione umane e più solidarietà tra le generazioni. E proprio questa solidarietà sarebbe anche la strada per uscire dalla triste situazione attuale. Un passato e un presente chiusi nell’incomunicabilità reciproca, quindi? Attenzione, non è che il dialogo e la solidarietà tra generazioni non ci siano stati. Il problema è sono stati monocorde o, per meglio dire, con logica un po’ correntizia. Facciamo un passo indietro: è stata una sorta di rottamazione selettiva? Diciamo che il riconoscimento delle personalità portatrici di una lunga storia non è avvenuto per tutti in modo uguale. Spesso, insomma, non si è valutato solo ciò che ogni singolo era in grado di dare al partito, ma ha pesato anche il fatto che avesse o meno votato per Matteo Renzi. Che effetto le fa vedere una parte del partito andarsene sbattendo la porta? Guardi, mi commuove ormai da tempo vedere quanti compagni hanno lasciato e lasciano il Pd. Purtroppo, è indubbio che ci sia stata una scissione silenziosa di una parte della sinistra. Per questo è importante riconoscere che chi ha posto questo problema non se lo è inventato né è alla ricerca di una sedia, ma si sta facendo carico di un grande problema. La sinistra è rimasta orfana, quindi? Un pezzo della sinistra non si riconosce nel Pd e darle rappresentanza è una grande questione aperta ma soprattutto una grande responsabilità per tutti. Quella sinistra ha voglia di partecipazione e sente la mancanza della politica: vorrebbe farla ma non sa né dove né come, per questo si inventa associazioni e fa volontariato, ma se trovasse un partito in cui riconoscersi tornerebbe. Ecco, questo è un tema del congresso, durante quale mi aspetto delle risposte dal segretario del partito. A proposito di congresso e di questione femminile, non si vede nessuna donna all’orizzonte... A me piacerebbe molto se ci fosse una donna candidata. Di più, mi piacerebbe fosse normale che si candidino delle donne, sia tra chi vuole dirigere il Pd sia tra chi vuole dirigere la nuova formazione politica che nascerà. Il mio è un invito alle donne: giocate in prima persona. Eppure fino ad ora non è mai stato così, almeno nei ruoli apicali. Qual è il problema? La questione è annosa: la costruzione di un gioco di squadra tra donne. Io vedo parlamentari molto brave, ministre molto brave e sindache molto brave, ma ciò che manca è il gioco di squadra. Bisogna che le donne si rendano conto che come semplici individue non si riesce ad incidere fino in fondo. Per fare comunità e creare un legame non bastano i Social Network, ma servono relazioni umane e contatto con la società, dialogo a tu per tu. Più facile dirlo che farlo, però. Lancio una proposta: sarebbe importante se le parlamentari e le ministre promuovessero un viaggio tra le donne italiane, per raccontare il lavoro fatto ma soprattutto per ascoltare i loro problemi. Volendo fare l’avvocato del diavolo, si potrebbe ribatterle che suona un po’ come un’iniziativa veterofemminista... Da donna, a lei fa questo effetto? Personalmente no, ma è un’obiezione legittima. Io credo che sarebbe invece un buon esempio che le donne darebbero al Partito Democratico, perchè il problema del dialogo con la società non è solo delle donne ma di tutti. Ecco, non si tratterebbe di un’iniziativa settaria, ma di un buon esempio. Lancia un appello per la discesa in campo delle donne del Pd? Non solo, non mi rivolgo solo alle donne nelle istituzioni ma anche alle donne nella società. Lo dico con forza: bisogna che ci diamo un mossa, perchè questo Paese va cambiato e non basta che ognuna di noi sia una brava professionista, una brava mamma o una brava politica, ma serve un grande gioco di squadra.