Turchia e Giordania rafforzano la collaborazione per impedire una ripresa dell’Isis in Siria, con Ankara che ribadisce il proprio impegno a eliminare i separatisti curdi Pkk-Ypg. Questo il messaggio emerso da un vertice nella capitale turca, durante il quale il ministro degli Esteri Hakan Fidan ha accolto il collega giordano Aymad Sayfadi, insieme a rappresentanti dei servizi segreti di entrambi i Paesi.

«L’Isis è un veleno per l’intera società musulmana, usa la nostra religione per giustificare violenza brutale e caos. È prioritario fermare una rinascita di questo gruppo e con la Giordania lavoreremo in questa direzione», ha dichiarato Fidan, che ha poi sottolineato l’obiettivo di sradicare i separatisti curdi: «Le condizioni in Siria sono mutate. Abbiamo fiducia nel nuovo governo siriano, e l’eliminazione di questo gruppo è solo una questione di tempo. I cittadini curdi saranno liberati dal regime di violenza imposto dal Pkk-Ypg».

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha confermato la posizione del governo turco, sottolineando che qualsiasi rischio di divisione della Siria verrà contrastato: «Non possiamo accettare che la Siria venga frammentata, e se noteremo pericoli agiremo senza esitazioni», ha affermato Erdogan, aggiungendo che «abbiamo i mezzi per farlo». Il presidente ha inoltre ribadito l’intenzione di eliminare la presenza del gruppo Ypg nel nord della Siria: «Il cerchio intorno ai terroristi si sta stringendo. Possiamo intervenire in qualsiasi momento», ha dichiarato, usando un’espressione turca che significa «possiamo arrivare una notte, in qualsiasi momento».

Erdogan ha anche affrontato la questione palestinese, promettendo la nascita di uno stato indipendente: «Spero che il 2025 porti pace ai fratelli palestinesi, vittime di un massacro che dura da oltre un anno. Abbiamo intensificato gli sforzi diplomatici per chiedere maggiore pressione su Israele. Come la Siria si è liberata da decenni di violenze, anche la Palestina troverà la sua libertà. Uno stato palestinese nascerà sicuramente», ha dichiarato al termine di un Consiglio dei ministri.

Sul piano interno siriano, due fazioni druse della provincia di Soueida hanno annunciato la disponibilità a unirsi a un nuovo esercito nazionale: «Noi, Uomini di Dignità e Brigata della Montagna, siamo pronti a integrarci in una struttura militare sotto la bandiera di un nuovo esercito per proteggere la Siria», hanno dichiarato in un comunicato congiunto.

Intanto, l’Arabia Saudita ha inviato aiuti umanitari in Siria. Secondo l’agenzia “Spa”, sessanta camion con cibo e forniture mediche hanno attraversato il valico di Nasib, mentre sei aerei umanitari sono atterrati a Damasco.

La situazione iraniana in Siria registra un drastico cambiamento: molte forze iraniane si sono ritirate dopo il crollo del regime di Bashar al-Assad. Secondo il Wall Street Journal, il ritiro rappresenta un duro colpo alla strategia di Teheran in Medio Oriente. «La Siria è ora un terreno ostile per l’Iran», ha spiegato Barbara Leaf, assistente segretaria di Stato per il Vicino Oriente, precisando che l’Iran potrebbe cercare di ripristinare la propria influenza a lungo termine.

Lasciando il Paese, gli iraniani hanno abbandonato grandi quantità di equipaggiamenti militari, molti dei quali sono stati distrutti da Israele o catturati da altri gruppi. Tuttavia, gli Stati Uniti ritengono che Teheran potrebbe tentare di ristabilire collegamenti con Hezbollah, sebbene le condizioni attuali lo rendano difficile nel breve termine.