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Oppositori politici, avvocati, attivisti, giornalisti, dirigenti dei media, ex alti funzionari della sicurezza e persino lo scrittore e filosofo francese Bernard- Henri Lévy. Tutti alla sbarra nel processo che si è aperto ufficialmente ieri presso la camera penale del tribunale di primo grado di Tunisi.
Secondo l'accusa si tratta di un «caso di cospirazione contro la sicurezza dello Stato». Il fascicolo giudiziario, aperto nel febbraio 2023, riguarda dunque una quarantina di persone sospettate di aver stabilito contatti con diplomatici stranieri con l'intenzione però di minare l'integrità della Tunisia. Le accuse, basate sulla legge antiterrorismo e sul codice penale, prevedono pene che possono arrivare fino alla pena di morte per i reati più gravi.
Tutto è iniziato l' 11 febbraio 2023 con l'arresto di diverse personalità di alto profilo, tra questi Khayam Turki, attivista pro-democrazia, Kamel Eltaïef, influente uomo d'affari legato a circoli di potere, e Abdelhamid Jelassi, ex leader del partito islamo-conservatore Ennahda. Nel mirino della repressione finirono anche membri del Fronte di Salvezza Nazionale (FSN), una coalizione di opposizione al presidente Kaïs Saïed. Senza ragioni evidenti l'indagine venne affidata all'unità anti terrorismo.
Fin da subito Saied affermò, durante un incontro con i responsabili della sicurezza a Tunisi il 14 febbraio 2023, che gli arresti avevano lo scopo di «proteggere lo Stato da coloro che cercano di destabilizzarlo» definiti senza mezzi termini terroristi e che la giustizia, come dimostra il procedimento, avrebbe fatto il suo corso.
L'inchiesta è tutta incentrata su scambi, ritenuti sospetti, tra gli imputati e rappresentanti ufficiali di paesi come Francia, Stati Uniti, Italia e Unione Europea. In questo senso sono coinvolti alcuni diplomatici americani ed europei, tra cui André Parant, ex ambasciatore francese in Tunisia. Ma al momento nessuno è stato convocato in tribunale, nonostante le ripetute richieste degli avvocati della difesa.
A dare risonanza mediatica al caso è senza dubbio il coinvolgimento di Bernard-Henri Lévy, anche se quest'ultimo riveste un ruolo marginale. Lo scrittore infatti è accusato, senza prove, di intrattenere relazioni con il lobbista tunisino Kamel Eltaïef e di aver propagato l'ideologia massonica attraverso organizzazioni come il Rotary e il Lions Club, e di essere un membro del Mossad,.
L'inchiesta è stata chiusa il 12 aprile 2024, si basa principalmente sulle dichiarazioni di due testimoni anonimi, su registrazioni di messaggistica on line e su presunti incontri tra leader dell'opposizione e diplomatici stranieri. Otto degli imputati si trovano ancora in carcere anche se sono scaduti i termini di custodia cautelare. Ad altri tre, tra cui l'oppositore Chaïma Issa e l'avvocato Lazhar Akremi, è stata concessa la libertà condizionale con rigide restrizioni, ma restano passibili delle stesse condanne.
Con tutta evidenza il processo assume i connotati di una dimostrazione di forza nei confronti dell'opposizione, da quando Saied ha preso il potere nel luglio 2021 paventando un fantomatico pericolo imminente, in Tunisia non passa giorno senza arresti mirati. La giustizia è usata come un manganello con violazioni sistematiche dei diritti della difesa, arresti arbitrari e condizioni di detenzione allarmanti. «Il potere in carica cerca di instaurare un clima di paura, persino di terrore, per impedire qualsiasi protesta, ha denunciato Kamel Jendoubi, ex ministro tunisino dei diritti umani anche lui perseguito in questo caso.
Lo stesso Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani aveva espresso serie preoccupazioni, denunciando la persecuzione degli oppositori nel Paese. Per Marie Christine Vergiat, membro del comitato nazionale della Lega per i diritti dell'uomo, il processo si inserisce invece in un contesto di «riorganizzazione della giustizia tunisina dal 2022, segnata in particolare dallo scioglimento dell'Alto Consiglio della magistratura e dalla destituzione unilaterale e arbitraria di 57 giudici da parte del solo capo dello Stato» .