Come aveva annunciato in un’intervista concessa la scorsa settimana al francese Le Monde il tunisino Rachid Gannouchi, leader degli islamisti di Ennahda, ha compiuto la sua svolta copernicana, uscendo di fatto dall’orbita politica dei Fratelli Musulmani. Riunito in Congresso a Tunisi, il secondo partito del paese (ma il primo all’Assemblea nazionale dopo la scissione interna ai laici di Nidaa Tounes) abbandona clamorosamente l’islam come orizzonte politico, schierandosi per la separazione tra religione e Stato, tra vita spirituale e vita pubblica: «Dopo la Rivoluzione del 2011 e la nuova Costituzione del 2014 non c’è più giustificazione per la quale dobbiamo richiamarci all’islam politico», spiega Gannouchi, precisando che il movimento sarà denominato «democratico e civile». L’islam rimarrà sullo sfondo come riferimento culturale, una “radice” distinta dal programma e dall’azione effettiva del partito e del governo: «È arrivato il momento di fondare una democrazia musulmana moderna che tenga conto delle libertà individuali».Non è stata comunque una passeggiata quella di Gannouchi, che ha preparato il Congresso con pazienza dopo un anno di complicate concertazioni tra la base; come accade in qualsiasi formazione politica non tutti accettano l’evoluzione, ma la volontà di coesione è stata più forte delle tensioni interne. La svolta, oltre a rispondere ai cambiamenti avvenuti società tunisina dopo la caduta del regime di Ben Alì e la Rivoluzione dei Gelsomini, esprime anche l’intenzione da parte della classe dirigente di Ennahda di prendere le distanze con l’estremismo jihadista di al Qaeda e dell’Isis che nel paese maghrebino (in stato d’emergenza dal 2015) contano migliaia di miliziani nonché il più alto numero di foreing fighters andati a combattere nel “Califfato” in Siria e Iraq.Ennahda (che in arabo significa “rinascita”) nasce negli anni 70 in contrasto con l’opera di modernizzazione del presidente Habib Bourguiba, padre della Tunisia post-coloniale, con l’obiettivo conclamato di «preservare il carattere islamico della società», negli anni 90 ha subito arresti e persecuazioni da parte del regime e alcuni suoi militanti si sono radicalizzati aderendo a gruppi fondamentalisti armati. Nonostante la repressione ha conservato un profilo politico democratico. La cacciata di Ben Alì e le successive elezioni la proiettano al governo dove pagherà l’inesperienza e nel 2014 accettea di partecipare a un governo di unità assieme ai laici di Nidaa Tounes.