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È un G7 critico quello che si sta svolgendo in Canada. È il G7 dei dazi di Trump, della Brexit di Londra, del governo italiano meno allineato con gli alleati europei. È un G7 che si consuma anche attraverso strappi e sgarbi visti di rado: il presidente statunitense Trump ha annunciato che se ne andrà via con largo anticipo per preparare il summit storico che terrà il 12 giugno a Singapore con il presidente della Corea del Nord Kim Jong- Un.
E così quello che rischiava di essere un meeting per processare la politica economica neoprotezionista statunitense rischia di finire in un nulla di fatto per l’assenza dell’imputato e soprattutto la sua ostentata indifferenza. Trump anzi segna in qualche modo un punto a suo favore, rilanciando sulla Russia. «Sono stato il peggior incubo della Russia – ha detto Trump prima di partire per il Canada - Sono sicuro che Putin in questo momento si stia augurando che avesse vinto Hillary Clinton. Tuttavia credo che dovremmo permettere alla Russia di tornare in questo consesso».
E proprio l’Italia gli va in soccorso in questa occasione. Il primo intervento internazionale del neopremier Giuseppe Conte, che i partner aspettano con curiosità per conoscerlo, è stato a sostegno della Russia allineandosi a Trump. Una mossa astuta, che ribadisce una posizione più volte espressa dalla maggioranza giallo- verde, ma stavolta sostenuta non in contrapposizione agli alleati euro- occidentali ma restando in scia al leader del mondo libero, il presidente americano.
Certo i problemi restano aperti e le posizioni italiane scompaginano un po’ i piani europei: il presidente francese Emmanuel Macron voleva infatti costruire un fronte unitario europeo in una pre- riunione col premier italiano, con la britannica Theresa May e la tedesca Angela Merkel. Ma se ciascuno prende posizione per proprio conto questo fronte nasce ovviamente già minato. Però sono molti i temi che uniscono davvero gli europei, soprattutto in economia. Una convergenza di interessi, più che di animo.
I dazi americani sono il primo masso sul tavolo. Trump si è già annunciato combattivo: «Per favore dite al primo ministro Trudeau e al presidente Macron che stanno imponendo agli Stati Uniti dazi massicci e stanno creando barriere non- monetarie. Il surplus commerciale dell’Ue con gli Stati Uniti è di 151 miliardi di dollari. Impaziente di vederli domani», ha twittato.
Ma c’è anche l’Iran, che non vuol dire solo la prospettiva che si vuole avere degli sviluppi di pace ma anche il grosso nodo dei grandi interessi commerciali dell’Europa con Teheran, tanto più dopo l’aggressiva mossa statunitense di non limitarsi a uscire dall’accordo sul nucleare e a imporre sanzioni all’Iran, ma di sanzionare anche le aziende di tutto il mondo che con Teheran faranno affari.
Temi che interessano molto da vicino anche l’Italia, la cui posizione potrà risultare decisiva nella sfida con Trump: se Roma andasse da sola, depotenzierebbe molto la capacità di trattativa dell’Unione. Potrebbe cercare di giovarsene singolarmente ( ma poi bisognerebbe vedere gli effetti in prospettiva, nei rapporti nel continente), ma se ad esempio si prende il caso dei rapporti economici con l’Iran non si capisce dove potrebbe trovarsi la via di uscita vantaggiosa nel dover scegliere se commerciare con gli Usa oppure con l’Iran: in entrambi i casi una perdita.