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Associated Press/LaPresse
Porte girevoli alla Casa Bianca, teatro del rituale incontro post elezioni tra il presidente eletto Donald Trump e il presidente uscente Joe Biden. Sotterrata l’ascia di guerra e i toni virulenti della campagna elettorale, tra sorrisi e strette di mano il tycoon si è mostrato calmo e sereno, quasi amichevole con il vecchio rivale al quale sembra quasi voler riconoscere l’onore delle armi.
«La politica è tosta e non è un bel mondo, oggi invece lo è» ha scherzato Trump che ha accettato le congratulazioni di Biden e garantendo che «la transizione dei poteri sarà la più tranquilla possibile». Un discorso da statista, ma soprattutto da vincitore. Anche perché la transizione è già bella che iniziata con la pioggia di nomine che il tycoon ha annunciato nelle ultime ore. Il clamore maggiore lo ha suscitato quella di Elon Musk.
Se all'inizio figurava solo come uno sponsor di peso di Trump, ora la sua nomina a capo del Dipartimento per l'efficienza del governo lo proietta materialmente nell’amministrazione. L'organismo è essenzialmente consultivo, e si occuperà di smantellare la burocrazia governativa. In realtà si tratta di un compito non da poco per il creatore di Tesla perché sul tavolo c'è l'impresa di tagliare almeno 2 trilioni di dollari promessi dallo stesso Musk. Ma il problema sta nel fatto che il 13% della spesa totale del governo degli Stati Uniti va in pagamenti di interessi sul debito nazionale, il che significa che tale linea di spesa non potrebbe essere ridotta senza mettere in default il governo.
Sembra così certo che la scure possa calare su quei settori che riguardano i servizi alla popolazione. In questo senso va inquadrato il ruolo di vice di Musk affidato a Vivek Ramaswamy il quale avrebbe in animo di demolire alcuni dipartimenti federali, in particolare il Federal Bureau of Investigation (FBI). Ha anche suggerito di eliminare il Dipartimento dell'Istruzione, la Commissione di regolamentazione nucleare e l'Internal Revenue Service. L'anno scorso, mentre era in corsa per la nomination presidenziale repubblicana, Ramaswamy aveva affermato che avrebbe licenziato più del 75% della forza lavoro federale. Ma nel mirino c'è anche il programma Medicare per l'assistenza sanitaria pubblica.
Altro posto di rilievo è quello di segretario alla Difesa che va al conduttore di Fox News, Pete Hegseth. Quest'ultimo oltre ad essere un autore televisivo e un veterano militare che ha prestato servizio in Afghanistan e in Ira, ora sarà responsabile dell'esercito più potente del mondo nel suo primo ruolo politico. Annunciando la sua scelta Trump lo ha descritto come duro, intelligente e un vero sostenitore dell'America First. Hegseth arriverà al Pentagono con decisioni da prendere su questioni come l'assistenza militare a Israele e il sostegno all'Ucraina di fronte all'invasione della Russia.
Trump vuole che gli Stati Uniti si smarchino dai conflitti esteri in generale e durante la campagna elettorale ha criticato le spese dell'amministrazione Biden per sostenere Kiev. Ma la nomina di Hegseth potrebbe alimentare qualche malumore all'interno dell'esercito. L'ex conduttore è noto per le sue critiche ai generali che perseguirebbero politiche troppo progressiste. Ecco una delle sue affermazioni: "La frase più stupida sul pianeta terra nell'esercito è che la nostra diversità è la nostra forza”.
Parallelamente alla Difesa, John Ratcliffe, un tecnico di lungo corso, è stato scelto per dirigere la Central Intelligence Agency (CIA). Mentre il governatore del South Dakota Kristi Noem svolgera un ruolo significativo come segretario alla sicurezza interna. Un altro veterano militare, Michael Waltz, è stato invece designato da Trump come consigliere per la sicurezza nazionale, il che significa che consiglierà il presidente sulle minacce straniere.
L'ex governatore dell'Arkansas e ministro battista Mike Huckabee ricoprirà il ruolo di ambasciatore degli Stati Uniti in Israele mentre il partner di golf di lunga data di Trump, Steve Witkoff, in realtà un investitore immobiliare, è stato nominato suo inviato in Medio Oriente. Ma l'ultimo tassello della squadra è ancora in bilico. Si tratta dell'incarico cruciale di Segretario di Stato. In pole position il senatore della Florida Marco Rubio. La nomina non è sicura per i malumori di alcuni influenti membri repubblicani che lo giudicano troppo interventista.