Come il Conte di Montecristo, Donald Trump torna in cima al mondo “ricco e spietato” e si gode la più dolce delle vendette: da oggi è il 47esimo presidente degli Stati Uniti.

Appena quattro anni fa alcuni suoi grotteschi seguaci assaltavano il Capitol Hill in una tragicomica parodia di colpo di Stato che però costò la vita a cinque persone e al tycoon l’accusa di sedizione poi archiviata dai giudici. Chi mai avrebbe immaginato un ritorno così volitivo e trionfale alla Casa Bianca alla soglia degli ottant’anni?

L’entrata in scena nel palazzo del Congresso è accompagnata e preceduta dai consueti protocolli, l’orchestra, l’inno nazionale, gli applausi, la sfilata degli ex presidenti e delle ex first lady (unica diserzione: Michelle Obama), dei giudici della Corte suprema, gli elogi della Costituzione, della libertà e dell’unità nazionale, poi il giuramento sulla Bibbia che fu di Abraham Lincoln.

Ma il primo discorso di Trump non ha nulla di formale, non si nasconde dietro l’ipocrisia bipartisan, al contrario il suo è un vero e proprio manifesto politico da combattimento, zeppo di intenzioni nette, di annunci magniloquenti, di bordate rancorose ai nemici, ai procuratori che l’hanno indagato e soprattutto alle politiche dei democratici – le «élite corrotte» come le ha chiamate - che lui giura che rovescerà come un calzino.

Joe Biden ascolta composto, tra un colpo di tosse e l’altro: «L’età d’oro degli Stati Uniti comincia oggi. Invece di tassare i nostri cittadini per arricchire gli altri Paesi, metteremo tariffe e tasse ai Paesi stranieri per arricchire i nostri cittadini Saremo una nazione prospera, fiera, invidiata e libera». Insomma America first, come ha sempre predicato da quando è sceso in campo nel 2015 e ha ripetuto in modo ossessivo nell’ultima campagna elettorale, solo che stavolta non sarà frenato dal peso dell’inesperienza e dai calcoli politici per un’eventuale rielezione. E andrà avanti finché può a ordini esecutivi.

Ad esempio per mettere fine «all’invasione» come ama definire l’afflusso di migranti dal centroamerica: «Dichiarerò un'emergenza nazionale al confine meridionale. Tutti gli ingressi illegali saranno fermati, rimanderemo milioni di criminali nei paesi da dove sono arrivati. Manderò le truppe al confine con il Messico». C’è anche spazio per l’involata religiosa e per spiegare che il ritorno è frutto di un disegno divino; ricordando l’attentato di Butler in Pennsylvania dello scorso 13 luglio a cui è miracolosamente sfuggito, Trump parla da predestinato: «Se sono qui tra di voi, se sono stato risparmiato è grazie al buon Dio, è lui che mi ha salvato per rendere l’America di nuovo grande».

Ma c’è anche il ringraziamento alle minoranze che lo hanno votato, le comunità afroamericane e i latinos, decisive per la vittoria, e un omaggio al Martin Luther King day che ogni 4 anni coincide con la data dell’insediamento presidenziale. Una strizzata d’occhio anche all’amico Elon Musk quando dice che con lui gli Usa pianteranno «la prima bandiera su Marte».

Tra le svolte più radicali promesse dal neopresidente la guerra alla linea ambientalista del suo predecessore e il ritorno ai sani, vecchi idrocarburi: «Oggi metteremo fine al Green New Deal e revocheremo l'obbligo delle auto elettriche e salveremo la nostra industria automobilistica mantenendo il mio sacro impegno con i grandi lavoratori del settore automobilistico».

Altro che lotta al riscaldamento globale, altro che transizione ecologica, l’America di Trump sembra uscita dagli anni 50 del Novecento: «La crisi dell'inflazione è stata causata da una spesa eccessiva e dall'aumento dei prezzi dell'energia, per questo oggi dichiaro un'emergenza energetica e noi trivelleremo, baby, trivelleremo. Così faremo abbassare i prezzi, riempiremo di nuovo le nostre riserve strategiche ed esporteremo energia americana in tutto il mondo. Saremo di nuovo una nazione ricca di oro liquido sotto i nostri piedi». Naturalmente tra i bersagli di Trump ci sono anche le odiate politiche gender: «Verranno abolite, esistono soltanto due generi: il maschile e il femminile».

Molto abile a intestarsi l’accordo di tregua tra Israele e Hamas che sta portando alla liberazione degli ostaggi, Trump si definisce un «peacekeeper», e assicura che metterà fine ai conflitti globali promettendo che l’America «rafforzerà il suo esercito» ma «non parteciperà più a guerre». Il primo banco di prova la questione russo-ucraina. Durante la campagna elettorale aveva giurato di risolverla in sole 24 ore, oggi non ha evocato tempistiche ma ha ribadito che verrà presto raggiunta la pace. Come rivela la Cnn, la sua prima telefonata da presidente sarà con Vladimir Putin.