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Un mondo senza più i tradizionali punti di riferimento geopolitici, l’indebolimento dell’Europa, le tensioni in Medio Oriente e un asse strategico che le grandi potenze stanno spostando verso l’Estremo Oriente. Il protagonista assoluto sembra essere il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Con repentini cambi di indirizzo, parole e gesti non appartenenti al consueto comportamento dell’amministrazione di Washington, l’inquilino della Casa Bianca è l’alfiere del nuovo disordine mondiale. Ne parliamo con Ennio Remondino, storico inviato Rai su numerosi fronti di guerra che prova ogni giorno ad analizzare la situazione con il suo sito http://www.remocontro.it. Donald Trump è un pericoloso populista o uno in grado di cambiare il tradizionale ordine delle cose? Ad esempio con la mossa dei bimbi immigrati separati dai genitori, Trump conferma una linea propagandistica che parte dalla sua campagna elettorale. Il problema di questa amministrazione americana, e di gran parte dei movimenti populisti che dopo Trump si stanno diffondendo anche a casa nostra e in Europa, è che non sanno distinguere tra il fare i capipopolo e amministrare uno stato. Anche a livello internazionale? Gli inciampi degli Stati Uniti anche in politica estera sono stati numerosi, l’aspetto dei bambini separati dai genitori ha toccato le nostre sensibilità ma sono avvenute cose ben peggiori come il G7, la questione Nato, la questione Europa. Oppure la Corea dove il despota se va d’accordo viene perdonato mentre contro gli Ayatollah che sono autonomi ed irriducibili si potrebbe scatenare una guerra prossima ventura. C’è una resa dei conti tra il dire e il fare Come giudica i rapporti di Trump con l’Europa? Mentre Vladimir Putin ha un rapporto con l’Europa molto interessato , sostiene i movimenti più a destra e disgregatori per interessi nazionali, più difficile è comprendere la posizione di Trump. Sta rompendo un’alleanza storica , recide un’ identità che è anche storicamente quella americana, Ciò potrebbe provocare anche problemi interni, ma mi sembra ci sia una strategia complessiva che ormai guarda al Pacifico, all’Estremo Oriente mentre l’Europa diventa uno spazio sempre meno interessante. Male ha fatto ad esempio la Gran Bretagna che è uscita dalla Ue e ora si trova a rincorrere gli Stati Uniti che vanno sempre più lontani. Ma questo non porta a dei vuoti di potere dagli esiti imprevedibili e poco controllabili? L’America si avvia verso Oriente, riduce i suoi rapporti con le origini quindi ha bisogno di delegare a qualcun altro il controllo di varie parti del mondo. Ad esempio nell’ area mediterranea rimangono d due sceriffi come Israele e Arabia Saudita. Il problema è che in questa maniera gli Usa rischiano di subire le politiche di Nethanyau e nonostante le recenti aperture i sauditi rimangono sempre un regime medioevale. Quali sono gli ostacoli politici che potrebbe incontrare Trump a casa propria? C’è un’opposizione interna agli Stati Uniti , non tanto dal punto di vista degli schieramenti politici quanto a livello di analisi strategiche ed economiche. Alcuni ambienti hanno paura dell’improvvisazione di Trump e del suo isolamento nel mondo, esistono delle spinte provenienti anche da strutture vicine al Pentagono che, ad esempio, non vedono bene l’estremizzazione della deriva anti iraniana. Trump però è riuscito a trattare positivamente con il dittatore della Corea del Nord. La cosa interessante riguardo Kim, è che fino a ieri era il despota poi d’improvviso è diventato un effervescente sostenitore della prossima democrazia nel mar cinese ai confini con il Giappone. C’è una labilità di cronaca del giornalismo e della politica che fanno un po’ sorridere. Di chi è allora il merito del riavvicinamento tra le due Coree? Sicuramente la pace tra le due Coree è merito della leadership del sud che ha spinto verso la pace. Gran merito va dato alla Cina e anche alla Russia che non è una protagonista di poco conto in questo scacchiere. Quali prospettive si aprono in Estremo Oriente? L’incontro scenico tra Kim e Trump è solo la parte terminale di un discorso , gli effetti saranno una progressiva riduzione di una presenza armata americana nell’area, ma paradossalmente si potrebbero creare problemi con il Giappone da sempre timoroso della Cina. In questo senso va visto il tentativo del primo ministro giapponese Abe di riarmare il paese del Sol Levante. Dunque non sono tutti contenti di queste prospettive di pace? Dal punto di vista della Corea del nord, Kim dovrà in parte rinunciare alle armi atomiche, la sua assicurazione sulla vita. Qualcuno ha fatto osservare che se Saddam avesse avuto le stesse armi forse sarebbe ancora vivo. In generale poi c’è, per l’atteggiamento volubile,, il fatto che anche l’amministrazione Trump rischia di non essere abbastanza credibile. [embed]https://www.facebook.com/Ildubbionews/videos/971689136324630/[/embed]