Giustizia, avvocatura, commercio globale, diritti umani e ora anche Università. Donald Trump è inarrestabile, sembra un elefante che si atteggia a gazzella e che corre in una cristalleria. Il governo federale ha dichiarato guerra alla prestigiosa Università di Harvard, la più antica e ricca degli Stati Uniti: congelerà più di 2,2 miliardi di dollari in sovvenzioni e 60 milioni di dollari in contratti con l’ateneo, dopo che l’istituzione accademica ha dichiarato che avrebbe disatteso una serie di richieste dell’amministrazione Trump comunicate qualche giorno fa e considerate illegali.

Tra queste la revisione delle assunzioni, la segnalazione degli studenti stranieri che infrangono le regole sulla condotta universitaria, la lotta all’antisemitismo, le modifiche alla governance e alle procedure di assunzione dell’Università. Una ritorsione vera e propria, secondo i vertici di Harvard e molti professori, a partire dal rettore Alan Garber.

A gennaio, dopo il suo insediamento, Trump ha creato una task force per combattere l’antisemitismo nelle università. Da quel momento ha iniziato ad attuare una politica volta al controllo degli atenei con la minaccia di tagliare i fondi in loro favore se non avessero seguito le indicazioni di Washington. Il Dipartimento dell’Istruzione ha rivolto le proprie “attenzioni” nei confronti di 60 Università, che potrebbero subire ripercussioni – a partire dal taglio dei fondi - a causa delle indagini in corso dopo le accuse di antisemitismo.

A ispirare il nuovo approccio con le università è stato Stephen Miller, vicecapo dello staff politico di Trump, che gestisce direttamente l’agenda interna del presidente. Miller ha fondato “America first legal”, think tank che in più occasioni ha sottolineato l’uso della giustizia per scopi politici. Nel sito di Afl campeggia il motto: “Combattere contro le azioni illegali e la sinistra radicale”. L’organizzazione ha fatto causa alla New York University e alla Northwestern University, accusandole di discriminare gli uomini bianchi.

Una delle richieste considerate irricevibili da Harvard è stata quella di assumere un soggetto esterno «per verificare i programmi e le attività dei dipartimenti che maggiormente alimentano molestie antisemite o riflettono una presa di potere ideologica». La somma di 2,2 miliardi di dollari è una parte dei complessivi 9 miliardi di dollari in contratti e sovvenzioni che il governo federale ha affermato di voler bloccare definitivamente se Harvard non rispetterà le nuove disposizioni.

Il rettore Alan Garber è però pronto a dare battaglia. «L’Università – ha scritto in una lettera indirizzata alla comunità accademica e studentesca - non rinuncerà alla sua indipendenza né rinuncerà ai suoi diritti costituzionali. Nessun governo, a prescindere dal partito al potere, dovrebbe dettare cosa le Università private possono insegnare, chi possono ammettere e assumere, quali aree di studio e ricerca possono perseguire».

Garber ha sottolineato che Harvard continuerà a combattere ogni forma di antisemitismo: lo dimostrano le misure adottate negli ultimi quindici mesi. Il rettore ha aggiunto che l’Università ha rispettato la sentenza della Corte Suprema con la quale sono state abolite le ammissioni basate sulla razza e si è impegnata ad «ampliare la diversità intellettuale e di opinioni».

«Gli obiettivi dell’Università nella lotta all'antisemitismo – ha aggiunto Garber - non saranno raggiunti con affermazioni di potere, svincolate dalla legge, per controllare l'insegnamento e l’apprendimento ad Harvard e dettare il nostro modo di operare. Il compito di affrontare le nostre carenze, onorare gli impegni e incarnare i nostri valori spetta a noi, da definire e intraprendere come comunità».

Oltre alle proteste, la risposta dell’Università con sede nel Massachusetts sarà anche di tipo legale. Gli avvocati William Burck e Robert Hur hanno inviato una lettera all’amministrazione Trump in cui contestano le accuse di antisemitismo rivolte all’ateneo. «Harvard – scrivono Burck e Hur, considerati in passato vicini a Trump - si impegna a combattere l’antisemitismo e altre forme di intolleranza. L’antisemitismo e la discriminazione di qualsiasi tipo non solo sono abominevoli e contrari ai valori di Harvard, ma minacciano anche la sua missione accademica. A tal fine, Harvard ha apportato e continuerà ad apportare cambiamenti strutturali, politici e programmatici duraturi e solidi per garantire che l’Università sia un luogo di apprendimento accogliente e solidale per tutti gli studenti».

Per questi motivi l’Università non rinuncerà alla propria indipendenza né rinuncerà ai propri diritti costituzionali. «Né Harvard né alcuna altra università privata – aggiungono i due avvocati - può permettersi di essere assorbita dal governo federale. Di conseguenza, Harvard non accetterà i termini del governo come un accordo di principio. Non è disposta ad accettare richieste che vadano oltre l’autorità legittima di questa o di qualsiasi altra amministrazione».

In difesa dell’Università è sceso in campo pure Barack Obama. «Harvard – ha detto l’ex presidente degli Stati Uniti - ha dato l’esempio alle altre istituzioni di istruzione superiore, respingendo un tentativo illegittimo e maldestro di soffocare la libertà accademica, prendendo allo stesso tempo misure concrete per assicurare che tutti gli studenti possano beneficiare di un ambiente di mutuo rispetto. Auguriamoci che altre istituzioni la seguano».