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È un Donald Trump letteralmente fuori dalla grazia di Dio: assediato dagli scandali ( Russiagate, Kievgate) e a rischio di impeachment, si dimena come una belva ferita a caccia di avversari e nemici. L’ultima bordata contro gli oppositori interni, i cosiddetti “nerver trumper”, ossia quei tanti esponenti del partito repubblicano che mai hanno digerito l’ascesa del tycoon. Per l’inquilino della Casa Bianca costoro non sono soltanto «peggiori dei nullafacenti democratici», ma addirittura «una pericolosa feccia umana», come ha scritto ieri su Twitter.
A stretto giro di posta, è arrivato il sostegno della portavoce della Casa Bianca, Stephanie Grisham, durante un’intervista con Fox News: chi lavora contro il presidente, ha detto, «merita un modo di esprimersi forte». Alla domanda se l’inquilino della Casa Bianca si pente di aver utilizzato il termine «feccia», Grisham ha risposto in modo netto: «Chi è contro di lui, quelli che erano contro di lui, e quelli che hanno lavorato contro di lui sin dal giorno della sua entrata in carica, sono esattamente questo. È terribile che esistano persone che» lavorano contro il presidente nonostante che egli si impegni per il bene del Paese».
Il bersaglio principale di Trump si chiama Bill Taylor, il diplomatico di lungo corso, nominato ambasciatore in Ucraina nel 2006 da George W. Bush, richiamato poi come incaricato d’affari a Kiev dopo la rimozione dell’ambasciatrice Marie Yovanovitch. Taylor due giorni fa ha infatti testimoniato di fronte alla commissione d’inchiesta dell’impeachment sulle pressioni fatte su Kiev da Trump per ottenere vantaggi politici, nello specifico un’indagine su Hunter Biden figlio del suo sfidante dem alla Casa Bianca Joe Biden.
L’architetto dell’operazione sarebbe Rudy Giuliani, ex sindaco di New York e attuale avvocato di The Donald. La virulenza dell’attacco di Trump è però il segnale di un certo nervosismo alla Casa Bianca per il crescente numero di prese di distanza tra le file dei repubblicani di Capitol Hill, dalla sua politica in Siria alle controverse decisioni sul G7.
Alla Camera la mozione di condanna del ritiro e del tradimento degli alleati curdi è passata infatti con 354 voti favorevoli e solo 60 contrari, quindi con il sostegno di decine di repubblicani. Un segnale davvero poco incoraggiante per il tycoon a poco più di un anno dalle elezioni presidenziali.