PHOTO
Non è ancora stata trasmessa ed è già un successo. Il titolo della serie televisiva è The young Pope, coprodotta da Sky, HBO e Canal +, diretta e scritta da Paolo Sorrentino, il regista italiano premio Oscar e osannato a Hollywood come il nuovo Fellini. Quaranta milioni di euro per dieci episodi, con l'obiettivo di produrre un kolossal del piccolo schermo che consacri definitivamente l'autorialità come cifra stilistica delle serie televisive.«E' un film di 10 ore»«È un film di 10 ore, concepito con le regole e i ritmi delle serie TV. L'unica regola della televisione che mi sono dato è quella di creare, alla fine di ogni episodio, il gancio narrativo per catturare il pubblico e invogliarlo alla puntata successiva», ha raccontato il regista, ospite della LUISS Writing School di Roma, dove ha presentato agli studenti il suo ultimo lavoro. A differenza del suo cinema, infatti, molto rarefatto nella trama, «la forma narrativa di The young Pope è simile a quella del romanzo. Nei miei film mi disinteresso alle trame in senso classico, in questo caso invece sono stato più accorto. Mi sono divertito a rifare ciò che facevo da ragazzo, lo sceneggiatore».La tramaLa trama, infatti, viene anticipata dal titolo della serie: Lenny Belardo, un mite cardinale italoamericano, viene eletto Papa con il nome di Pio XIII e diventa il più giovane pontefice nella storia della Chiesa. Una volta asceso al soglio pontificio, si scopre un uomo ambizioso e desideroso di attuare una vera e propria rivoluzione nella Chiesa. Per questo, dall'essere considerato una pedina nelle mani della curia, diventa un elemento incontrollabile nelle rigide strutture ecclesiastiche e si fa rapidamente dei nemici in Vaticano. Una serie che si preannuncia complessa, sulla scia dei TV show americani che Sorrentino ha apprezzato: «True detective, Fargo e Stranger things sono le ultime che ho visto e che mi sono piaciute. Poi, come molti della mia generazione, sono un fan di Twin Peaks». Con l'obiettivo dichiarato di «tenersi il più lontano possibile da sterili provocazioni, per indagare le contraddizioni e le difficoltà di un mondo affascinante».Uno spoilerProprio discutendo della costruzione stilistica della serie, il regista si è lasciato andare anche ad un involontario spoiler (nel nuovo gergo coniato per le serie televisive, un'anticipazione): «Ho fatto cose che al cinema non mi sognerei mai di fare: un episodio segue un altro personaggio che non è il papa, il quale compare solo in tre scene». Una serie che si preannuncia diversa dal cinema a cui Sorrentino ha abituato il suo pubblico, anche se il regista ha ammesso di aver provato a portare nella serie l'elemento che più apprezza del grande schermo: «Ho cercato di disobbedire alla tendenza delle serie televisive in cui tutto viene dilatato, per rispettare la lunghissima durata dei dieci o più episodi. Il rischio era di lavorare per accumulo e non per sintesi, che invece è il cuore del cinema. Ecco, io ho provato a rubare al cinema l'idea della sintesi e di trasferirla in TV».La produzioneE la produzione internazionale gli ha garantito una totale libertà espressiva, in cui il regista ha trovato il suo spazio creativo: «Sky, HBO e Canal+ mi hanno permesso di fare tutto ciò che volevo, nei limiti del budget. Pochi paletti ma inesorabili, come nello stile americano. La mia fortuna è stata che questa serie ha avuto molti produttori, ma nessuno maggioritario. La frammentazione non ha dato a nessuno potere decisionale».Grazie a questo, una serie realizzata interamente in Italia come The young Pope ha potuto fare il salto qualitativo che la serialità italiana solo ora sta iniziando ad avvicinare. «Prima che entrasse in gioco Sky, era ingessata in due poli televisivi che spadroneggiavano con una patetica e solo supposta consapevolezza di conoscere il pubblico», ha raccontato Sorrentino. «I burocrati volevano dettare tempi, modi e narrazioni. Infatti il 99% della serialità televisiva nostrana non ha mai avuto possibilità di venire esportata, un po' come i souvenir di Assisi».Il castOltre ad una produzione ricca e innovativa, la forza della serie è il cast, con l'inglese Jude Law che interpreta un affascinante Pio XIII. Accanto a lui Silvio Orlando (Cardinal Voiello, segretario di Stato del Vaticano), che - ha raccontato Sorrentino - «non parlava inglese e quindi ha dovuto studiare moltissimo. Il suo personaggio ha una parlata inconfondibile, con un inglese maccheronico ma molto forbito, che crea una strana discrasia. Un inglese da terza media, ma usando dei termini che si imparano solo a Oxford». Oltre ai due protagonisti, James Cromwell (Cardinal Michael Spencer, mentore di Lenny) e Scott Shepherd (Cardinal Dussolier, il migliore amico di Lenny). Nel cast femminile spicca il premio Oscar Diane Keaton (la suora che ha aiutato Lenny ad arrivare al pontificato) per la prima volta in una serie per il piccolo schermo, Ludivine Sagnier (moglie di una guardia svizzera e amica di Lenny) e Cécile de France (responsabile del marketing e della comunicazione del Vaticano). Sorrentino avrebbe anche voluto il suo attore feticcio Toni Servillo, «ma faticava con l'inglese e ha preferito non cimentarsi».The young Pope ambisce ad essere la nuova serie di culto del palinsesto autunnale di Sky, sulla scia dei successi di 1992 e Gomorra e l'attesa dell'uscita, soprattutto tra i più giovani, è stata spasmodica. «Un'attesa che, di norma, il cinema non crea. Io credo che sia perché, in contrapposizione ad una vita che è diventata sempre più rapida e spasmodica, c'è necessità di un appuntamento lungo come quello garantito da una serie televisiva».E non temano gli amanti di Sorrentino, che già pensano al senso di vuoto dopo aver divorato i dieci episodi. «Ho già proposto alla produzione una seconda serie. All'inizio mi sembrava di aver scritto il finale, ma mi sono ricreduto dopo aver rivisto una scena della prima stagione».