La conversazione di due ore «franca e dettagliata» tra Donald Trump e Vladimir Putin suggella il nuovo patto di ferro tra le due potenze mondiali, una cornice inedita in cui, salvo miracoli, la piccola Ucraina di Zelensky sembra destinata a una resa umiliante.

Era un copione già scritto, evidente dal fatto che i protagonisti non sono neanche stati invitati a discutere del loro futuro: in questa diplomazia della forza i negoziati li conducono i forti. «Entrambi i leader hanno concordato sul fatto che questo conflitto debba concludersi con una pace duratura e hanno inoltre sottolineato la necessità di migliorare le relazioni bilaterali. Il sangue versato e le risorse impiegate da Ucraina e Russia in questa guerra sarebbero meglio utilizzati per soddisfare le necessità dei loro popoli. Questo conflitto non sarebbe mai dovuto iniziare e avrebbe dovuto concludersi da tempo con sinceri e concreti sforzi di pace. I leader hanno convenuto che il percorso verso la pace inizierà con un cessate il fuoco nel settore energetico e nelle infrastrutture, oltre a negoziati tecnici per l'attuazione di un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero, un cessate il fuoco totale e una pace permanente. Questi negoziati inizieranno immediatamente in Medio Oriente», si legge in una nota ufficiale della Casa Bianca.

In un clima di totale sintonia Washington e Mosca lavoreranno assieme alla creazione di un gruppo di esperti. Non è ancora chiaro quanto gli Usa sosterranno le annessioni dei territori ucraini conquistati dai russi, però mettendo insieme i pezzi delle varie dichiarazioni è probabile che Kiev non riuscirà a tenersi la Crimea, prospettiva già evocata dall’amministrazione statunitense. Nessun riferimento specifico al Donbass ma è irrealistico pensare che l’Ucraina possa riottenere i vecchi confini. 

Per il presidente russo la priorità è disarmare l’Ucraina e dunque interrompere il flusso di aiuti militari dall’Occidente, «condizione fondamentale per arrivare a una pace duratura». Molto chiaro in tal senso il comunicato emesso dal Cremlino dopo la conversazione tra i due capi di Stato: «La piena cessazione dell’aiuto militare straniero e della fornitura di intelligence a Kiev dovrebbe diventare una condizione chiave per prevenire un’escalation del conflitto. La soluzione del conflitto deve tenere conto dell’assoluta necessità di eliminare alla radice le cause della crisi e i legittimi interessi di sicurezza della Russia».

Putin, aggiunge la nota, «ha reagito in modo costruttivo all’idea di avviare un’iniziativa sulla sicurezza della navigazione nel Mar Nero, i leader hanno concordato di avviare un dialogo per un ulteriore lavoro sui dettagli e faranno sforzi congiunti per stabilizzare la situazione nelle aree di crisi e stabilire una cooperazione sulla non proliferazione nucleare e le questioni relative alla sicurezza globale».

Tra le immediate concessioni ammesse da Mosca c’è dunque il cessate il fuoco (reciproco) di trenta giorni e uno scambio di circa duecento prigionieri di guerra che dovrebbe avvenire oggi stesso, briciole rispetto a quanto avrà da guadagnare dal deal con gli Stati Uniti. Eppoi c’è lo spirito conquistatore del capitalismo trumpiano; il tycoon ricorda infatti quanto sia ricco di risorse naturali, le “terre rare”, il suolo ucraino e quanti potenziali, faraonici profitti si possono realizzare in quel mercato.

Nello schema geopolitico fissato da Washington e Mosca, quasi un nuovo ordine mondiale, l’Europa viene isolata e marginalizzata e al di là di come finirà il conflitto in Ucraina, appare molto più esposta alla guerra ibrida della Russia.

Il programma di riarmo lanciato dalla presidente della Commissione von der Leyen sta però trovando solide sponde a Parigi e Berlino. Il Bundestag tedesco ha approvato la riforma costituzionale che consente una deroga alla regola del freno del debito per le spese in difesa superiori all’1% del Pil. Il cancelliere tedesco in pectore, Friedrich Merz, ottiene così un importante successo che gli consente di andare avanti con l’annunciato piano di riarmo. Gli articoli 109 e 115 della Legge fondamentale stabiliranno che le spese per la difesa, la protezione civile, i servizi segreti e la sicurezza informatica saranno esentate dalla regola del debito.