Dominique Pelicot è stato condannato al massimo della pena, 20 anni di carcere, per gli stupri aggravati contro l’ex moglie Gisèle Pelicot. Il processo sugli stupri di Mazan, che si chiude oggi, giovedì 19 dicembre, ad Avignone, ha emesso una sentenza severa nei confronti di Pelicot, mentre le prime condanne inflitte ai 50 coimputati risultano, per il momento, inferiori a quelle richieste dall’accusa. Quest’ultima aveva fissato una pena minima di dieci anni per gli stupri.

«Signor Pelicot, lei è ritenuto colpevole per stupro aggravato sulla persona di Gisèle Pelicot», ha dichiarato Roger Arata, presidente della corte criminale di Vaucluse. Dominique Pelicot, 72 anni, ha ascoltato la sentenza in piedi, senza manifestare particolari emozioni. L’uomo è stato anche giudicato colpevole per aver raccolto immagini della moglie e della figlia senza il loro consenso.

Il maxiprocesso, noto come quello degli «stupri di Mazan», ha portato alla luce pratiche atroci, tra cui la «sottomissione chimica». Gisèle Pelicot, presente in aula, è rimasta impassibile durante l’intera udienza, anche di fronte alle «scuse» del suo ex marito. Pelicot aveva drogato e stordito Gisèle per anni, permettendo a decine di uomini reclutati online di abusare di lei.

«Vorrei cominciare», ha dichiarato Dominique Pelicot, «con il rendere omaggio al coraggio della mia ex moglie. Io prego lei e il resto della mia famiglia di voler accettare le mie scuse. Mi pento di quello che ho fatto, di averli fatti soffrire da quattro anni, domando loro perdono».

La vittima, anche lei di 72 anni, ha mantenuto il silenzio anche quando Pelicot ha affermato di aver detto «la completa verità» durante le 14 settimane di dibattimento. Nella sua ultima dichiarazione, l’ex marito ha espresso il desiderio di «farsi dimenticare» per la «vergogna» che prova. «Mi sono costruito una corazza», ha aggiunto, «altrimenti in prigione si muore».

Il processo, iniziato a settembre, ha attirato l’attenzione mediatica internazionale e ha sollevato discussioni sul ruolo di Internet e della «sottomissione chimica» nelle dinamiche di violenza sessuale.