Nella chiesa della Sacra Famiglia di Gaza si celebra lo stesso messa, nonostante l’alta tensione delle ultime ore. «Si teme il peggio e si continua a pregare», dice al Dubbio padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia. Il religioso è rimasto bloccato a Betlemme, mentre cercava di raggiungere Gaza, dopo aver partecipato, pochi giorni fa in Vaticano, al Concistoro e alla creazione cardinalizia del patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa. «Nella Sacra Famiglia – aggiunge padre Gabriel – si conserva la memoria del passaggio a Gaza di Gesù, Giuseppe e Maria, quando sono fuggiti da Betlemme verso l’Egitto e quando sono ritornati dall’Egitto verso Nazareth. È un luogo importante. Si tratta di una missione cristiana che ha duemila anni. La nostra è una comunità molto piccola. Nel censimento dello scorso anno sono stati registrati un migliaio di cristiani in un territorio di 350 chilometri quadrati con 1milione e 300mila abitanti».

Padre Gabriel, come sta? Che notizie giungono da Gaza?

«Bene, grazie. Ma sono molto preoccupato per i miei parrocchiani. Il mio rientro a Gaza è previsto domani, ma non so ancora se ci riuscirò, considerato tutto quello che sta accadendo. Sarà molto difficile spostarsi, ma proverò lo stesso a raggiungere Gaza. Un sacerdote mi accompagnerà fino alla frontiera, perché è vietato l’ingresso con i veicoli. Ora sono a Betlemme. Anche qui è tutto bloccato e si respira un clima di grande tensione. Le notizie da Gaza sono molto brutte. Spero che il buon Dio possa illuminare le menti delle persone e che ci sia un impegno complessivo per evitare che le cose vadano sempre peggio. Le notizie sono sconfortanti. Ci sono già tanti morti sia dalla parte israeliana che da quella palestinese. I bombardamenti sulla striscia di Gaza sono molto pesanti».

La parrocchia della Sacra Famiglia è un punto di riferimento per la minuscola comunità cristiana. Cosa state facendo?

Abbiamo iniziato già nella mattinata di oggi ad ospitare diverse famiglie che abitano nei luoghi più sensibili. Migliaia di persone si starebbero spostando soprattutto dalle zone vicino alla frontiera, dove si trova il muro che separa la Striscia di Gaza da Israele. Noi ci stiamo preparando, come del resto è già successo in passato, ad ospitare i rifugiati. Anche per questo voglio rientrare quanto prima a Gaza per dare il mio contribuito. Proverò nella mattinata di domani a spostarmi. La vedo dura, però. L’operazione militare è in corso ed è molto pericoloso.

Questo è il momento più delicato da quando lei si trova a Gaza?

Probabilmente sì. Sono il parroco della Sacra Famiglia da più di quattro anni. Ma mi trovo sulla Striscia da circa sette anni, essendo stato il vicario straordinario di Gaza. Ci sono state altre situazioni molto brutte con tanti morti e la distruzione di molto edifici. Questa volta, però, sono molto più preoccupato. Se il primo giorno si registrano già tantissime vittime, da entrambe le parti, con una violenza inaudita, non voglio immaginare cosa potrà accadere nei prossimi giorni. Temevo che prima o poi ci sarebbero stati di nuovo degli scontri, ma non mi immaginavo che sarebbero stati di queste dimensioni. Già da due mesi, comunque, si percepiva grande tensione.

La comunità della Sacra Famiglia è in una zona a rischio?

Tutte e due la parti, che hanno ripreso a fronteggiarsi, sanno che noi non facciamo politica. Noi offriamo un servizio spirituale, senza tralasciare quello umanitario. Lo sanno tutti e siamo rispettati per quello che facciamo. Per questo offriamo a tutti ospitalità. Come in passato, accogliamo i rifugiati. Parecchie famiglie si trovano già in parrocchia. Forniremo assistenza e accoglienza anche mettendo a disposizione i locali delle scuole cattoliche. Migliaia di persone contano sul nostro sostegno. Abbiamo una decina di centri della Caritas, tre opere che assistono bambini disabili e anziani malati. Siamo in contatto con le organizzazioni collegate direttamente alle Nazioni Unite e attendiamo da loro indicazioni per coordinare al meglio i nostri aiuti.