Il sovraffollamento delle carceri francesi sta raggiungendo livelli drammatici abbattendo ogni record. Un male endemico che negli ultimi anni aveva fatto registrare qualche timida battuta di arresto ma che ora ha ricominciato a mostrarsi in tutta la sua tragicità. I dati, in questo senso, parlano chiaro. La densità carceraria ( con una media del 129,5%) ha toccato il 156,8% nei centri di custodia cautelare, dove in maggior misura vengono rinchiusi i detenuti in attesa di giudizio, che si presume dunque siano innocenti fino a sentenza definitiva, insieme ai condannati a pene più brevi.

Il primo novembre dello scorso anno è stata raggiunta e superata la soglia degli 80 mila prigionieri. Di tutti questi, 21.291 sono solamente rinviati a giudizio, detenuti in attesa di sentenza definitiva. E così al primo dicembre, erano ben 97.372 le persone in custodia cautelare. Non tutte sono però in prigione, infatti 16.580 sono sottoposte a monitoraggio elettronico ( braccialetto) oppure collocate in strutture esterne al carcere.

Secondo uno studio pubblicato a giugno dal Consiglio d’Europa, la Francia è tra i peggiori paesi dell’Unione in termini di sovraffollamento degli istituti penitenziari, si trova infatti subito dietro a Cipro e Romania. Per cercare di invertire questo trend negativo sono state messe in campo misure come l'eliminazione di pene detentive inferiori a un mese, il potenziamento del servizio alla comunità e una rimodulazione delle pene stesse a seconda dei reati commessi. Didier Migaud, precedente ministro della Giustizia, aveva comunque ammesso che che la realizzazione del piano per costruire 15 mila posti aggiuntivi entro il 2027 non sarebbe stato completato nei tempi previsti. Quello della costruzione di nuovi istituti penitenziari continua ad essere un tallone d'Achille del sistema carcerario francese. Una realtà che si era palesata con tutta la sua evidenza già nel 2023 quando Dominique Simonnot, l'allora garante francese delle persone private della libertà ( CGLPL), aveva visitato la prigione di Bois- d'Arcy nell Ille de France, denunciando le condizioni di detenzione disumane e chiedendo addirittura di sospendere le carcerazioni all’interno della struttura. Le sue parole erano state un monito rimasto evidentemente inascoltato: «È qualcosa di indegno, non esiste igiene, non esiste il diritto all’integrità fisica, non c’è sicurezza né organizzazione». Già allora era risultato come fosse necessario intervenire strutturalmente. Il tasso di sovraffollamente si attestava al 142%, uno dei più elevati dell’intera Unione europea. E se i carcerati avevano un metro quadro di spazio vitale, assediati dalle pulci, dai pidocchi, da ratti e scarafaggi, ora la situazione sembra peggiorata.

Sta così tornando l'incubo del 2020 quando durante l'epidemia di coronavirus, proprio a causa del sovraffollamento, scoppiarono diverse rivolte. La prigione di Grasse ad esempio ospitava 673 detenuti a fronte di una disponibilità di 574 posti. Un irrigidimento come la sospensione dei colloqui o il divieto di trasferimento fece da detonatore.

Le situazioni peggiori si verificano guarda caso nelle carceri per detenuti in custodia cautelare o che dovevano scontare brevi pene. Con il clima attuale dunque la violenza è sempre in agguato.

Visto che la realizzazione di nuovi spazi si è rivelata illusoria, sembra necessario potenziare gli strumenti giuridici, istituendo un meccanismo che permetta ai detenuti che vanno verso il fine pena di beneficiare della libertà condizionata.

Unica nota positiva introdotta tre anni fa e quella che permette ai presidenti degli ordini degli avvocati di visitare le prigioni assieme ai parlamentari.