Colpo di scena nelle presidenziali americane. Secondo un sondaggio Reuters/Ipsos pubblicato oggi, la vicepresidente Kamala Harris ha un vantaggio di due punti percentuali sul repubblicano Donald Trump dopo che il presidente Joe Biden ha concluso la sua campagna di rielezione e le ha passato il testimone.

Harris è in vantaggio su Trump con il 44% contro il 42% nel sondaggio nazionale, una differenza che resta però un margine di errore di 3 punti percentuali. Harris e Trump erano in parità al 44% in un sondaggio del 15-16 luglio, mentre Trump era in vantaggio di un punto percentuale in un sondaggio del 1-2 luglio, entrambi con lo stesso margine di errore. Questo dato è da confrontare con lo svantaggio di due punti che Biden aveva nei confronti di Trump nel sondaggio della scorsa settimana, prima della sua eliminazione dalla corsa di domenica. Il nuovo sondaggio, condotto lunedì e martedì, è avvenuto dopo la Convention nazionale repubblicana, in cui Trump ha formalmente accettato la nomination, e l’annuncio di Biden di abbandonare la corsa e appoggiare Harris.

In un articolo pubblicato sul New York Times, l’ex Segretario di Stato e candidata alla presidenza degli Stati Uniti Hillary Clinton afferma che Harris ha talento, esperienza e può sconfiggere Donald Trump. Anche se dovrà affrontare «sessismo e due pesi e due misure» dai repubblicani. «I precedenti e il carattere della signora Harris saranno distorti e sminuiti da una valanga di disinformazione e dal tipo di pregiudizi sgradevoli che stiamo già sentendo dai portavoce del Maga (repubblicani che sostengono l’ex presidente Donald Trump). (...) So qualcosa di quanto possa essere difficile per forti candidate donne combattere il sessismo e i doppi standard della politica americana», ha detto. Clinton ha ricordato che lei stessa è stata definita una «donna disgustosa», una «strega», con altri insulti «assai peggiori» durante le sue due campagne presidenziali, e ha esortato sia Harris che la sua campagna a «farsi strada attraverso il rumore». Nonostante i tempi brevi per preparare la campagna elettorale, ha citato il Partito Laburista nel Regno Unito e il Nuovo Fronte Popolare in Francia, che «hanno ottenuto grandi vittorie in tempo ancora minore». L’ex segretario di Stato osserva che «fa ancora male» non essere diventata la prima donna presidente degli Stati Uniti, ma che è orgogliosa che le sue due campagne presidenziali - ha perso anche contro Barack Obama nelle primarie democratiche del 2008 - abbiano «fatto sembrare normale» che ci possa essere il nome di una donna sulla scheda elettorale.

Intanto crescono le polemiche per gli oltre 30 democratici di Camera e Senato che diserteranno il discorso che Benjamin Netanyahu pronuncerà, alle 14 ore di Washington, le 20 in Italia, al Congresso. Secondo quanto riferisce Nbcnews, alcuni boicotteranno completamente il discorso, altri lo ascolteranno dai loro uffici senza andare in aula. Ed alcuni hanno organizzato programmi alternativi. Tra i senatori che non saranno in aula anche Patty Murray, presidente pro tempore del Senato avrebbe dovuto presiedere dal momento che Kamala Harris, che è anche presidente del Senato, non ci sarà per impegni precedenti, ma avrà domani un faccia a faccia separato con il premier israeliano. L’ex Speaker dem Nancy Pelosi ha reso noto che «non parteciperà oggi alla sessioni a camere riunite del Congresso», ma «questa mattina parteciperà ad un incontro con le famiglie che hanno sofferto a causa dell’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre e i rapimenti».