PHOTO
«Mi dovete dare un oscar, sono il sindaco dell'anno, io». Sergio Pirozzi ha fretta, «devo lavorare». Il suo obiettivo è ricostruire il "suo" paese che non c'è più, Amatrice, quello di cui è primo cittadino dal 2014, per la seconda volta. Ed è cosciente che la sua città lo ama, di essere leader di un popolo ferito, che rivendica i suoi diritti. Come poter piangere i propri morti nel paese in cui gli stessi sono nati e cresciuti. Dopo aver "costretto" il premier Renzi a far celebrare i funerali ad Amatrice, anziché a Rieti, città più accessibile e più sicura ma lontana da casa, Pirozzi si è rimboccato le maniche della sua felpa bianca, che porta in bella vista il nome della sua città, e si è dato da fare. Come fa, incessantemente, dalla notte del terremoto. È partito dalla scuola elementare "Capranica", venuta giù quasi completamente, quella struttura "antisismica" diventata invece simbolo di quella scossa che ha spazzato via tutto, portando via con sé 292 persone. Ieri mattina, mentre il telefono gli squillava incessantemente, ha annunciato alla stampa l'avvio dei lavori per la nuova sede. «La struttura si trova a Villa San Cipriano, una piccola frazione qui vicino», ha assicurato. Il nuovo plesso dovrebbe essere in grado di ospitare «tutti gli alunni» e far dimenticare quello che, invece, si è sbriciolato mentre la terra ballava. «Tramite la Protezione civile, che ringrazio, e con la collaborazione della provincia - spiega al Dubbio -, sono partitti i lavori per il nuovo modulo. Mercoledì ci sarà il sopralluogo del ministro sull'area individuata». Non ha tempo per rimettere insieme le sensazioni di quelle prime ore, quando l'unica frase possibile da pronunciare era «Amatrice non c'è più». Quando l'istinto lo ha spinto a cliccare sulla tastiera solo uno zero, per dire al mondo dei social che lì era raso tutto al suolo. Quando ha rassicurato i propri concittadini che non avrebbe mollato. «Lo devo agli amici morti, devo restare per voi», aveva scritto. Come un buon allenatore di calcio, titolo di cui si fregia ed è motivo di vanto. «Mi sono accorto subito che il paese non c'era più», ricorda. Ora l'obiettivo è superare nel minor tempo possibile l'emergenza. «Ho risolto la questione della scuola, direi che è già molto», ammette senza falsa modestia. La scuola, appunto. Il punto di partenza delle indagini della procura di Rieti, che vuole capire cosa non ha funzionato dopo i lavori del 2012, quando venne eseguito il «miglioramento antisismico» dalla Edilqualità di Gianfranco Truffarelli. «Sono questioni che non mi appartengono e mi apparterranno in seguito se verranno accertate delle responsabilità», insiste il sindaco. Quando i cronisti gli fanno notare che l'avviso di garanzia potrebbe arrivare anche a lui, Pirozzi non si scompone. «Sarebbe un atto dovuto. Ma me ne frego. Ho fatto tutto in regola, ci mando pure i miei figli in quella scuola», spiega. Però ha già annunciato di volersi costituire parte civile nel caso in cui venissero accertate le responsabilità di qualcuno. «Pretenderò un indennizzo morale per la mia comunità - aggiunge -. Io sto sereno, anzi sono orgoglioso perché ho salvato delle vite». Pirozzi è soddisfatto del suo capolavoro, quello per il quale pretende l'oscar. Si tratta del modulo prefabbricato preso in affitto dopo la scossa di quarto grado nel 2015, quando sul palazzone arancio dove si trovavano gli studenti del liceo scientifico si aprirono delle crepe che spinsero il sindaco ad evacuare la scuola, dopo un sopralluogo del Genio Civile che confermava il pericolo. «È stato un atto d'imperio il mio, perché non era una cosa che competeva me, ma la provincia», sottolinea. Gli studenti vennero spostati nella struttura prefabbricata dove tre ore dopo il sisma si era già insediato il comitato centrale della Protezione civile. Una struttura rimasta perfettamente intatta. «Ho preteso di prendere quel modulo prefabbricato che è diventato un presidio strategico. Senza questa sede - continua -, il coordinamento dei soccorsi sarebbe partito con ore di ritardo, avremmo brancolato nel buio. Questa sede, di fatto, ha salvato moltissime vite. Ed è questa mia la più grande soddisfazione da sindaco». Non si nasconde e lo ripete, sottolineando la velocità con cui la macchina dei soccorsi si è messa in moto, anche grazie a lui. «Sono soddisfazioni, me dovete dà l'oscar - ripete -. Questo significa avere la lungimiranza. Lì ci stavano gli alunni del liceo, si tratta di numeri. Ed è l'unico edificio pubblico rimasto in piedi». E si compiace di avere i cittadini dalla sua: «la popolazione sta con me perché mi conosce, altro che». Poi interrompe la conversazione, non c'è tempo da perdere: «devo tornare a lavoro, arrivederci».