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Più una questione di metodo, che di merito. Per giustificare l’assoluzione in appello dell’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti è necessaria una “motivazione rafforzata”, che smonti in maniera chiara e precisa le motivazioni che avevano indotto il Tribunale a pronunciare una sentenza di condanna. Proprio per tale motivo il processo all’ex primo cittadino, assolto in secondo grado per turbativa d’asta perché il fatto non sussiste, va rifatto rispettando i dettami delle Sezioni Unite. A dirlo è la Corte di Cassazione, che il 28 ottobre ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale ha rinviato le carte alla Corte d’Appello per quattro dei cinque imputati.
L’assoluzione era arrivata a marzo scorso dopo una condanna in primo grado a 10 mesi, per via di un bando di gara per la gestione di due piscine pubbliche - per il valore di 5mila euro - secondo l’accusa scritto dall’ex sindaco proprio insieme a chi doveva vincere l’appalto. Ma sia la sentenza di primo grado sia quella d’appello hanno confermato che Uggetti agì per l’interesse pubblico, pur arrivando a due conclusioni opposte. L’impianto giustificatorio della sentenza d’appello si basava sul principio di offensività: «Secondo la Corte vi sarebbe la stringente necessità di ' non punire indiscriminatamente le mere irregolarità formali attinenti all'iter procedimentale, irregolarità che, invece, devono essere idonee a ledere i beni giuridici protetti dalla norma».
Non basta, dunque, il semplice «disordine relativo alla tranquillità della gara» , serve invece «una lesione, anche potenziale, agli scopi economici della Pa e all'interesse dei privati di poter partecipare alla gara». Ma a convincere i giudici d’appello era stata anche la legge regionale numero 27 del 2006, che «dettava criteri ed assegnava al sindaco un margine di intervento entro il quale ' l'esercizio di una responsabilità politica... è espressione non collusiva, ma legittima del perseguimento di un bilanciamento... fra pluralità di interessi pubblici'».
Proprio tale esercizio, secondo i giudici, «può comportare e dunque tollerare, purché non ne sia fuorviato, certo la consulenza, ma anche l'ascolto dei soggetti della società civile interessati». Per la Cassazione l’errore starebbe nell’inquadramento giuridico del reato: per integrare il delitto, scrivono i giudici, «non è necessario che il contenuto del bando venga effettivamente modificato in modo tale da condizionare la scelta del contraente, né, a maggior ragione, che la scelta del contraente venga effettivamente condizionata.
È sufficiente, invece, che si verifichi un turbamento del processo amministrativo (...), attraverso l'alterazione o lo sviamento del suo regolare svolgimento, e con la presenza di un dolo specifico qualificato dal fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della Pubblica Amministrazione». I giudici d’appello hanno valorizzato una serie di elementi «rivelatori del fatto che nel caso di specie il risultato della condotta, e, quindi, il contenuto del bando, non sia stato in concreto inquinato e che il risultato sia stato sostanzialmente conforme a quello che si sarebbe prodotto senza le ' irregolarità', cioè senza le interferenze». Ma l’errore starebbe nel fatto di aver demolito «il ragionamento probatorio, non confrontandosi con gli snodi costitutivi del ragionamento del Tribunale».
Da qui la necessità di rifare il processo rispondendo a cinque questioni: «Perché quelle descritte dal Tribunale sarebbero state solo irregolarità formali inoffensive in quanto inidonee a turbare la gara; quel continuo contatto tra l'organo politico e Marini ( Cristiano, consigliere della partecipata Sporting Lodi, aggiudicataria dell’appalto, ndr) sarebbe stata solo una informale consulenza, considerato che Marini interloquì con il sindaco non in quanto esperto della materia, ma come portatore dell'interesse di Sporting Lodi, cioè di un soggetto che era interessato alla gara; Uggetti non sentì il bisogno di ascoltare anche altri soggetti della società civile, interessati alla gara; fu consentito ad un soggetto terzo, il principale soggetto interessato a quel procedimento, di incidere, di condizionare, di determinare il contenuto del bando, di mutare in più occasioni le bozze che la Uggè aveva predisposto, di quantificare i punteggi dei singoli criteri presi in considerazione; furono reiteratamente portate a conoscenza di un aspirante concorrente le bozze del bando, cioè atti che dovevano rimanere all'interno della pubblica amministrazione». I giudici dovranno inoltre verificare «se ed in che termini i fatti per cui si procede sono riconducibili al reato contestato» o se non si tratti di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, previsto dall'articolo 353 bis del codice penale.
Secondo il legale di Uggetti, Gabriele Roveda, la censura della Cassazione interverrebbe «non al fine di individuare condotte che integrano gli elementi costitutivi del reato ma per criticare l’approccio metodologico della Corte d’Appello di Milano che, argomentando in tema di non offensività, avrebbe omesso di censurare puntualmente a propria volta l’impalcatura motivazionale della prima sentenza, creando così quel difetto di motivazione rafforzata dedotto dalla Cassazione. La stessa Cassazione - spiega al Dubbio - individua precisamente cinque punti su cui la corte d’appello in sede di rinvio dovrà decidere motivando in coerenza con i principi di diritto enunciati. C’è quindi spazio anche per una pronuncia assolutoria. In merito alla qualificazione giuridica del fatto è dal primo giorno che la critichiamo, ma nemmeno la riforma Cartabia attribuisce questo potere agli avvocati».