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«Qua abbiamo un processo penale, al di là della notizia giornalistica, parliamo di responsabilità penali, cioè di soggetti che potrebbero essere condannati e inchiodati alla loro responsabilità. Ci fornite elementi di responsabilità oggettiva a carico di Tizio, Caio o Sempronio per sapere chi ha fatto che cosa e perché? Perché il punto è questo, altrimenti ci sono i giornali: il processo penale è un’altra cosa».
Le parole di Fulvio Accurso, presidente del collegio del tribunale di Locri nel processo a carico dell’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, accusato assieme ad altre 26 persone di associazione a delinquere finalizzata all’illecita gestione dei fondi dell’accoglienza dei migranti, suonano come un rimprovero. Parole pronunciate in aula, mentre sul banco dei testimoni, convocata dal pm Michele Permunian come teste d’accusa, si trovava Enza Papa, tutor del servizio centrale dello Sprar, tra le redattrici di uno dei dossier che ha fatto finire Lucano nel mirino della procura di Locri. Sono le sue parole, mentre illustre le «numerose anomalie» del modello Riace, a far saltare sulla sedia per due volte Accurso.
«Le criticità emerse – ha detto Papa in aula – sono state numerose e hanno riguardato diversi aspetti della progettualità». Dall’assenza dei contratti di locazione alla debolezza dei servizi minimi, passando per il monte ore settimanale per l’alfabetizzazione della lingua italiana. «Che ricordi a memoria ho parlato con una quarantina di beneficiari», ha spiegato. Ma chi siano e cosa abbiano riferito è un mistero, perché non c’è scritto e la stessa Papa ha dichiarato di non ricordarlo. Ma ad Accurso interessava proprio questo: i fatti, gli elementi dai quali dedurre eventuali responsabilità.
«Nella misura in cui lei interviene evidenziando delle anomalie - ha sottolineato il giudice - non era opportuno indicarle in maniera analitica? Siete stati stati voi stessi attori involontari di una situazione di copertura di criticità che proprio perché contestata genericamente non è ascrivibile a nessuno». Da qui la distinzione tra processo e notizia giornalistica e, in buona sostanza, tra reati e scoop.
Durante l’udienza di lunedì il collegio ha anche negato l’inserimento di Vittorio Sgarbi tra i testi della difesa. Il parlamentare avrebbe dovuto raccontare di una telefonata avuta con l’ex prefetto di Reggio Calabria Michele Di Bari, una volta resa nota la volontà di conferire all’ex sindaco la cittadinanza onoraria del Comune di Sutri. «Il prefetto, di Lucano, mi ha detto cose che non sono degne di un’istituzione», aveva tuonato durante la cerimonia. «Non aveva una posizione super partes», aveva spiegato al Dubbio, annunciando un’interrogazione parlamentare sull’atteggiamento del Prefetto e sulla relazione positiva a lungo tenuta nascosta, ma anche sul funzionario che la firmò e sul perché, poi, «sia stato trasferito».