Il Tribunale civile di Torino ha condannato Selvaggia Lucarelli a risarcire il danno per diffamazione ai danni di Claudio Foti. Lo scorso 20 agosto il Tribunale di Torino ha infatti depositato sentenza di condanna per diffamazione per un post pubblicato su Facebook il 27 settembre 2019 nel quale accusava Foti di essere il creatore di un metodo che era alla base di tante ingiustizie ed errori giudiziari e soprattutto di essere corresponsabile del suicidio di una bidella che nel 2018 si era tolta la vita a causa di un’accusa di abuso sessuale.

La sentenza condanna Lucarelli a risarcire Foti con 16mila euro, oltre che a eliminare il post dalla sua pagina Facebook e a pubblicare sulla medesima pagina l’estratto della sentenza di condanna.

Il Tribunale nella sua sentenza, spiega Luca Bauccio, avvocato difensore di Foti, usa parole lapidarie: «Le circostanze riferite dalla convenuta nel post non sono state supportate da alcun riscontro fattuale né sono state documentate le fonti da cui la giornalista avrebbe tratto queste informazioni». 

«La Lucarelli – prosegue l’avvocato – nel post si è limitata ad affermazioni apodittiche non supportate da riscontri probatori. Gli elementi dalla stessa menzionati non provano un effettivo collegamento tra gli psicologi di Cagliari ed il Foti. Non è comprovata l’esistenza di un asserito metodo dell’attore (che questi, come detto, ha negato essere mai esistito) e di cui quest’ultimo e altri professionisti avrebbero fatto applicazione, sistematicamente e in diverse vicende giudiziarie che si sarebbero verificate in tutta Italia».

E ancora le affermazioni di Lucarelli integrerebbero: «insinuazioni prive di un supporto probatorio, da cui la Lucarelli avrebbe dovuto astenersi non avendo, o non avendo fornito, prove di questo presunto legame, né elementi da cui poterlo ragionevolmente e verosimilmente dedurre e supporre; circostanze queste che era comunque onere della stessa convenuta documentare e allegare in questo giudizio». Pertanto, «le affermazioni della Lucarelli sul Foti sono false e dunque diffamatorie, non essendo stata fornita dalla convenuta la prova della loro veridicità, anche solo putativa».

Per Bauccio si tratta di una decisione che fa giustizia di una campagna che Lucarelli ha messo in atto all’indomani dell’esecuzione delle misure cautelari nella vicenda Bibbiano, senza alcun rispetto per la presunzione di innocenza ma anzi con la pretesa di imbastire un proprio personale tribunale mediatico nel quale ha formulato accuse nuove, completamente false nei confronti di Claudio Foti. «L’onore e la reputazione del mio assistito sono stati dati in pasto all’opinione pubblica e in particolare ai suoi numerosi follower, senza alcuna remora e senza scrupoli – prosegue – Lo scoop e i like prima di tutto anche quando questo significa formulare accuse gravissime sul conto di persone incensurate. Il giornalismo ridotto a post sensazionali e ad effetto che celebrano la grandiosità degli influencer è una pratica pericolosa per l'informazione e per le persone. Questa deriva è inaccettabile e bene ha fatto il Tribunale di Torino ad accogliere la nostra richiesta di pubblicare la decisione di condanna sulla pagina Facebook di Lucarelli. Il milione di follower che fedelmente segue e approva Lucarelli deve sapere che le sue affermazioni erano del tutto prive di fondamento, pura invenzione. Formulare accuse senza verifiche, reali indagini, approfondimenti e senza equilibrio non ha nulla a che fare con il giornalismo d’inchiesta, che è una cosa seria e presuppone terzietà e serenità, conoscenza dettagliata dei fatti e non ricerca a tutti i costi dello scandalo e della notorietà. La verità dei fatti e la dignità delle persone vanno rispettate e speriamo che i tanti che hanno creduto a tutti coloro i quali hanno costruito fortune sulla vicenda Bibbiano, inizino a coltivare dubbi su quanto è avvenuto negli anni scorsi ai danni di tanti innocenti».