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Due bambini piccoli, una di 3 e l’altro di 4 anni stanno diventando un caso che mette in imbarazzo la Francia. I due minori sono infatti figli di una donna, legata all’Isis, detenuta nel campo di Al- Hol, nel Kurdistan iracheno, dal febbraio di quest’anno. Nonostante i bambini siano francesi il paese transalpino si rifiuta di rimpatriarli. Per questo motivo i nonni materni lunedì scorso hanno depositato un ricorso presso la Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu) per far tornare in Francia i due piccoli.
Gli avvocati della famiglia hanno precisato i termini della vicenda a le motivazioni dell’azione intrapresa. I legali Marie Dosé, Henri Leclerc, Catherine Bauer- Violas e Denis Garreau, hanno infatti raccontato che i bambini sono rimasti feriti durante la battaglia di Baghouz, l’ultima roccaforte jihadista caduta a marzo, ma risulta che non siano stati trattati dal punto di vista medico. Inoltre nel luogo di detenzione vengono segnalate epidemie ed episodi di malnutrizione.
Per gli avvocati «rifiutando di rimpatriare questa madre e questi due bambini malati, feriti e in uno stato di estrema debolezza, la Francia li espone consapevolmente e deliberatamente a trattamenti inumani e degradanti, violando così l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo».
Fino ad ora il governo francese si è sempre attenuto ad una condotta equivoca, affermando che vuole valutare queste questioni “caso per caso”. In realtà il quotidiano Libération ha già rivelato che esiste un piano per il rimpatrio globale di jihadisti che però non è stato ancora messo in pratica, ventilando il sospetto che si tratti di questioni politiche, legate alle imminenti elezioni europee.
Qualche speranza aveva suscitato il ritorno in Francia di cinque orfani e una bambina, la cui madre è rimasta detenuta in Iraq, nel marzo scorso, ma da allora non è registrato nessun passo in avanti.
L’atteggiamento francese è probabilmente dettato anche da alcuni sondaggi, come quello realizzato dalla Odoxa- Dentsu Consulting per Le Figaro e
France Info, che denotano una percezione dell’opinione pubblica abbastanza ostile ad eventuali rimpatri. Il 67% dei francesi si dichiarerebbe infatti contro possibili ritorni di ex jihadisti considerati mentre una buona fetta di popolazione considera i bambini «vittime di guerra» ma allo stesso tempo teme che in un futuro potrebbero diventare delle «bombe ad orologeria».
Secondo stime non confermate da autorità indipendenti, nei campi di detenzione controllati dalle forze curdo- arabe sarebbero presenti almeno 80 bambini francesi. L’ong Save the Children invece stima in 3500, provenienti da almeno trenta paesi, i figli di jihadisti concentrati principalmente nella Siria nord orientale. Non è difficile immaginare le condizioni in cui vivono tra maltrattamenti, malnutrizione e negazione dei diritti elementari dell’infanzia.
Si attende ora il pronunciamento della Cedu, il cui parere però è vincolante. Se la Francia venisse condannata dunque, dovrebbe prendere misure materiali e legislative per porre fine a quelle che verrebbero giudicate come violazioni del diritto internazionale.