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L’attacco al capo della Dda Nicola Gratteri potrebbe costare caro al procuratore generale Otello Lupacchini che ora rischia un trasferimento d’ufficio. Una possibilità che emerge tra le righe della richiesta inviata dai togati di Area al comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura, con la quale invocano l’apertura di una pratica in prima commissione, che tra le sue competenze ha l’accertamento dei casi di incompatibilità. E a loro si associano i colleghi di Magistratura Indipendente, che hanno chiesto maggiori tutele per i magistrati del distretto.
Nel mirino dei consiglieri di Area l’intervista rilasciata da Lupacchini a TgCom in merito ai 330 arresti eseguiti su disposizione dell’autorità giudiziaria di Catanzaro, durante la quale ha ripreso i fili della polemica ingaggiata ormai da mesi con Gratteri. Ancora una volta a suscitare l’indignazione del pg è stato il «mancato rispetto delle regole di coordinamento con altri uffici giudiziari».
«I nomi degli arrestati - aveva dichiarato - e le ragioni degli arresti li abbiamo conosciuti soltanto a seguito della pubblicazione sulla stampa che evidentemente è molto più importante della procura generale contattare e informare. Al di là di quelle che sono poi, invece, le attività della procura generale, che quindi può rispondere soltanto sulla base di ciò che normalmente accade e cioè l’evanescenza come ombra lunatica di molte operazioni della procura distrettuale di Catanzaro stessa». Parole dure, con le quali Lupacchini ha criticato non solo il silenzio della Dda, ma anche l’efficacia del lavoro della procura antimafia. Dichiarazioni «particolarmente allarmanti» per i consiglieri di Area, «in ragione del ruolo rivestito dall’intervistato ed in quanto riferite ad un provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari di Catanzaro, sul quale dovrà pronunciarsi nei prossimi giorni il Tribunale per il Riesame di Catanzaro». I magistrati Giuseppe Cascini, Elisabetta Chinaglia, Alessandra Dal Moro, Mario Suriano e Giovanni Zaccaro hanno dunque chiesto l’apertura di una pratica in prima commissione «per l’adozione di urgenti provvedimenti a tutela della credibilità dell’autorità giudiziaria di Catanzaro e dell'esercizio sereno, imparziale ed indipendente della funzione giudiziaria in quella sede». Ma non solo: i consiglieri hanno anche manifestato l’esigenza di un piano straordinario per gli uffici giudicanti di Catanzaro, il cui «sottodimensionamento» unito alle «croniche scoperture» e all'accentuato turn over, rischia «di impedire un veloce ed efficace accertamento delle ipotesi accusatorie».
A fianco a loro anche i tre consiglieri di Magistratura Indipendente, Paola Braggion, Antonio D’Amato e Loredana Miccichè, che hanno denunciato il proliferare di «commenti, prese di posizione e comportamenti potenzialmente lesivi del prestigio e dell’indipendente esercizio della giurisdizione, tali da turbare il regolare svolgimento ovvero da appannare l’immagine della funzione giudiziaria» immediatamente dopo l’esecuzione degli arresti. In particolare i consiglieri fanno riferimento alle dichiarazioni della deputata dem Enza Bruno Bossio, moglie di Nicola Adamo - per il quale è stato disposto il divieto di dimora nell’ambito di tale inchiesta, la quale aveva accusato Gratteri di essere artefice di uno «show» con lo scopo di «colpire la possibilità di Oliverio ( Mario, governatore uscente della Calabria, ndr) di ricandidarsi». Ma nel mirino di MI ci sono anche le «particolarmente allarmanti» dichiarazioni di Lupacchini, in particolare per il ruolo da lui ricoperto. «Con la richiesta di apertura di pratica a tutela hanno aggiunto - intendiamo assicurare un tempestivo intervento a tutela della indipendenza e della serenità di giudizio dei magistrati del Distretto di Catanzaro, in particolare quelli della Procura distrettuale preposti allo svolgimento di ulteriori indagini; dei giudici per le indagini preliminari; dei magistrati del Tribunale del Riesame di Catanzaro e di tutti gli altri magistrati del Distretto, direttamente o indirettamente chiamati a svolgere il proprio ruolo nell’ambito del procedimento penale relativo alla esecuzione dei recenti arresti». Si schiera, invece, contro la gogna mediatica il direttivo della Camera Penale “Avvocato Fausto Gullo” di Cosenza, che punta il dito contro la «spettacolarizzazione dei fatti giudiziari», foriera di possibili «“sentenze anticipate” sui mezzi d’informazione e non formate correttamente nelle sedi proprie delle aule di giustizia». Il tutto «in pieno contrasto con il principio di non colpevolezza sancito, riconosciuto e tutelato nella nostra Carta Costituzionale».