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Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu speaks while meeting with Republican presidential candidate former President Donald Trump at his Mar-a-Lago estate, Friday, July 26, 2024, in Palm Beach, Fla. (AP Photo/Alex Brandon)
La questione giustizia torna ad agitare la scena politica israeliana: il terreno di scontro stavolta è l'elezione del nuovo presidente della Corte Suprema, in vista del pensionamento il 6 ottobre dell'attuale capo ad interim Uzi Vogelman.
Il sistema in vigore è quello dell'anzianità ma il ministro della Giustizia, il “falco” Yariv Levin, è intenzionato a modificare il processo per poter incaricare qualcuno in linea con il governo. Il giudice più anziano è il liberale Isaac Amit, che gode anche del sostegno della maggioranza dei nove membri della Commissione per le nomine. A lui si oppone il giudice Yosef Elron, che ha annunciato il desiderio di candidarsi e gode dell'appoggio dell'esecutivo.
In attesa di poter mettere mano all'agognata riforma della Giustizia, che per quasi un anno nel 2023 ha tenuto banco nel Paese, provocando vaste proteste anti-governative, Levin punta a rinviare la convocazione della Commissione di selezione dei giudici, che lui presiede, ma l'altolà è arrivato ieri dall'Alta Corte che ha ordinato al ministro di rimediare prontamente. La decisione è stata adottata all'unanimità dai tre giudici chiamati a esprimersi, Yael Wilner, Alex Stein e Ofer Grosskopf, i primi due conservatori e l'ultimo liberale.
Fonti vicine all'alto esponente del Likud, citate da Haaretz, ritengono che il ministro non intenda violare l'ordine dei giudici ma preferisca cercare di ritardare il più possibile l'iter, lasciando così la corte senza un presidente permanente per diverse settimane. Il regolamento prevede che i nomi dei candidati debbano essere pubblicati sulla gazzetta ufficiale e Levin ha 14 giorni per farlo. Dopodiché, c'è un periodo di attesa di 45 giorni prima che la commissione per le nomine possa riunirsi e deve comunque essere convocata dal ministro al quale l'Alta corte ha chiesto di farlo "subito dopo", ma senza specificare una scadenza.
Sul tema è tornato oggi il leader dell'opposizione Yair Lapid, che ha accusato Levin di tentare di "abolire la democrazia israeliana". "Non permetteremo che ciò accada", ha assicurato il leader del partito centrista Yesh Atid: "Il ministro della Giustizia Yariv Levin ha 14 giorni per conformarsi alla sentenza, pubblicare i nomi dei candidati e annunciare la convocazione della commissione. Se non lo farà, proveremo a convocarla senza di lui", ha affermato.
Ieri Levin ha denunciato la decisione dell'Alta Corte come "antidemocratica e "non valida", e ha annunciato che boicotterà il prossimo presidente perché la nomina è "illegale" e "illegittima". Una dichiarazione "pericolosa" secondo Lapid, che ha accusato il ministro di "non aver imparato nulla, né di nascondere i suoi piani distruttivi" per "portare alla Knesset una legge antidemocratica" che cambi il modo in cui viene scelto il presidente della Corte Suprema. "E' uno dei principali responsabili del disastro che ci è capitato. Lui e il suo colpo di Stato. Ora vuole riportarci a quel periodo terribile", ha affermato il capo dell'opposizione, denunciando "una crisi costituzionale".
Di opposta opinione i leader di estrema destra Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir che, come Levin, hanno attaccato la decisione della Corte Suprema, promettendo di rilanciare "subito dopo la fine della guerra" la controversa riforma della Giustizia, sospesa dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre e lo scoppio del conflitto nella Striscia. La settimana scorsa il presidente Isaac Herzog aveva messo in guardia il governo dal rilanciare la riforma, lanciando un forte appello all'unità e insistendo sul fatto che "in gioco ci sono l'anima e il futuro della nazione".