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«Ci vorrebbe un po’ di coerenza. Vedi sindaci che non stringono le mani per fare ciò che la medicina consiglia, e poi discutono se far giocare Juventus- Inter riempiendo gli spalti. Si giochi ma senza spettatori». Professore, economista, storico, dirigente d’azienda e uomo senza peli sulla lingua, Giulio Sapelli, torinese, 73 anni, ne vede parecchie di incoerenze economiche, politiche, sociali che il coronavirus mette a nudo.
Cos’è che proprio non le è piaciuto, professore? Prima di dire cosa non ho digerito, dico cosa funziona. E cioè che la nostra sanità pubblica e i medici funzionano. Forse quello che mi ha più indignato, e che esprime bene la situazione istituzionale, è quella frase non propria che Giuseppe Conte ha dedicato all’ospedale di Codogno ( «focolaio causato dagli errori dell’ospedale» ). Una battuta infelice che riflette la cultura generale in cui questa vicenda si sviluppa: l’antropologia negativa portata avanti dal Corriera della Sera con gli articoli sulla casta, per cui tutti quelli che hanno posizioni di responsabilità sono ladri e incompetenti, e poi quella del mondo dei Cinquestelle, in cui si insultano le istituzioni, tutti sono buffoni, l’unica cosa che può portare ordine è l’ordine giudiziario. Qui tutto si risolve con i magistrati, che hanno infatti aperto un’inchiesta su Codogno. Un clima altalenante.
Qualcos’altro che funziona? Nonostante le litanie sull’Italia razzista, non ho sentito accuse ai migranti tra la gente che lavora e che fatica, quella che sente di più il peso dei migranti. Non è cresciuta nessuna ondata xenofoba, non si mette in discussione ciò che l’antropologa Mary Douglas ha individuato nella “Purezza e il Pericolo”: il tabù della purezza non è stato infranto. Anche nei confronti della Cina non mi pare li stiano trattando da untori. Dunque viene fuori un’immagine di una sanità che funziona.
E invece... Invece il premier e i Cinquestelle drammatizzano la situazione per quel surplus politico da paura, un martellamento che non è proprio per una democrazia parlamentare.
Chi dovrebbe intervenire? Il ministro della Salute, Speranza, che mi sembra una bravissima persona, fine, che si presenta bene, parla un inglese fluente, è molto presente, persona colta e informata. Il linguaggio dei corpi conta.
L’abito fa il monaco? Il premier espone il fazzolettino bianco, che è una cosa da piccolo borghese, terribile, un aristocratico non lo metterebbe mai, vestito come un primo della classe ma mi ricorda un travet. Quando invece va per parlare del coronavirus si mette il maglione e senza cravatta. Anche questi linguaggi corporali contano... è come se Churchill da ministro della Guerra si presentasse in canottiera.
Pare che con le critiche non abbiamo finito. Manca una riflessione sui petulanti economisti liberisti: cosa ha voluto dire massacrare la sanità pubblica? Non facciamo investimenti ma adesso abbiamo bisogno di camere sterili e dobbiamo ricorrere all’esercito. E meno male che c’è.
Se è per questo mancano pure medici e infermieri. Intanto li hanno scoraggiati con lo sport nazionale di denunciare i medici. Grazie alla casta abbiamo assistito al crollo dell’autorità, che non esiste più. La gente ne sa più dei medici, quanti hanno fatto il vaccino anti- influenzale? No, i vaccini fanno male... ma se noi ci vaccinassimo saremmo molto più protetti in generale.
E, per par condicio, sul linguaggio del corpo di Matteo Salvini che dice? Avrebbe dovuto tenere un profilo più alto. Innanzitutto mettersi di più camicia e cravatta: io sono della vecchia scuola, un capo dell’opposizione qual è non va in giro con le felpe... se si vestisse come Giorgetti sarebbe meglio. Il leader leghista mi è apparso erratico. Oscilla dal richiamare l’unità nazionale ma dimentica i temi veri politici, come rinforzare la sanità, avere più collaborazione dall’Europa. Invece è il solito scaricabarile, serve un profilo più alto.
Un disastro economico è alle porte, che ne pensa? Come dice Filippo Ravoni, studioso che stimo, il coronavirus può essere un cigno nero. Non è la peste del Manzoni ma su un complesso di piccole e medie imprese, di attività individuali, partite Iva, che vivono già a pelo d’acqua, basta questo per distruggere persone e aziende. Può mettere a rischio un’economia che è già in deflazione, bassi profitti, bassi salari e una politica della Banca Centrale Europea completamente sbagliata.
Dobbiamo chiedere flessibilità all’Europa. Sergio Luciano, direttore di Economy, consiglia la detassazione, la posticipazione dei doveri fiscali. E su questo mi sembra che il governo vada nella direzione giusta. Se bisogna fare una cosa subito è intervenire sul fisco. E dopo rivendicherei il non rispetto del patto di stabilità. Ma per quello ci vuole tempo e bisogna avere un pensiero, una strategia. Mi pare che anche nelle menti più offuscate dai tabù, come quello della politica europea che non si può cambiare, e non è vero, si può restare nell’euro con una politica economica diversa. Anche sentire lo stesso Gentiloni parlare con un linguaggio diverso da quello di Moscovici, beh fa piacere. Anche Gualtieri segue quella strada. Speriamo sia l’inizio di una rimeditazione, che il Signore dia loro la grazia di liberarsi dei luoghi comuni. L’economia ordoliberista è solo una fissazione ideologica, non favorisce neanche la Germania. L’ideologia liberista è l’altro coronavirus. Chi decide non è l’economia, ma la cultura. Questi stregoni ordoliberisti dominano il mondo, ripetono cose che non hanno senso e le insegnano pure nelle università. Se uscissimo da questa stregoneria di massa sarebbe un passo avanti.
Continueremo a indebitarci, dunque. Già siamo pieni di buffi, come si dice a Roma. Per non indebitarci bisogna fare degli investimenti e aumentare il Pil. Non distribuire soldi come si sta facendo col reddito di cittadinanza: un errore colossale, soldi buttati al vento che non producono lavoro. Cosa diversa è l’assegno di povertà. Se quei soldi fossero andati alla defiscalizzazione o per aiutare le start up sarebbe stato meglio. Bisogna investire, investire. Creare nuove imprese.
Il Pd ci ha provato a criticare il reddito di cittadinanza. Ma è stato bloccato dal M5S. Ma cosa pretende, il Pd è un insieme di capi locali. Un tempo i partiti avevano dei Comitati centrali, Direzioni nazionali... adesso hai una serie di colpi di mano. La nuova presidente, una donna di valore ma da dove viene? Un tempo arrivavi alla politica avendo dietro un sentimento comune, ora sono tutti individualisti. Il modello Cinquestelle, la mucillaggine peristaltica, rimescolati dall’esterno, ha fatto scuola, ormai sono tutti così. Dice: ma il segretario è Zingaretti. Però chi comanda è Franceschini, le nomine le fa lui. Nessuno controlla più nessuno. Prima comandava il partito, il segretario controllava il gruppo parlamentare, uno a uno.
E ci sono i governatori che fanno quello che gli pare. Abbiamo fatto le Regioni nel ’ 75 e continuamente abbiamo sfornato riforme. Nel 2001 Bassanini ha distrutto l’apparato pubblico e le regioni. Poi c’è stato il referendum di Renzi, fallito, che avrebbe dovuto togliere poteri alle regioni e tutti erano d’accordo... cosa possiamo aspettarci? È già un miracolo che continuino a esistere, alcune ben amministrate e altre no. È come la riforma elettorale: quante ne abbiamo fatte? Nessun altro Paese ne ha cambiate tante.
Lei come vede il ritorno al proporzionale? Sono un vecchio proporzionalista e ho fiducia nel cittadino. Penso che se il cittadino vota quel candidato è perché lo conosce, non perché è un mafioso... ho una visione ottimistica, conosco un sacco di persone perbene. È più importante essere rappresentativi che mirare alla governabilità. La governabilità senza rappresentazione non va, basta guardare alla Francia: lì è un disastro, Macron è stato eletto dal 20% dei francesi. Noi abbiamo cercato di coniugare governabilità e rappresentatività. Ma chi garantiva questo? I grandi partiti di massa. Che non ci sono più.
L’elezione diretta del premier? Una follia. È un pericoloso abbrivio verso la democrazia diretta, che è un pericolo mortale. Come ci sono i preti per parlare con Dio, così ci sono i parlamentari per parlare con la sovranità. E non parliamo dei mezzi tecnologici che si usano per la democrazia diretta. Per carità.