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Capacità di rinnovarsi, sacrificio, nuove funzioni. Sono i meriti del Corpo a cui Santi Consolo, capo del Dap, ritiene si debba ora dare un riconoscimento.
Quali sono stati i progressi in questi anni per il Corpo, in seguito alla riforma del 1990?
La riforma ha segnato l’approdo di un lungo percorso avviato decenni prima e ha risposto alla domanda di cambiamento e di modernizzazione dello storico Corpo allora denominato degli Agenti di custodia, oggi correttamente Corpo di Polizia penitenzia. Una struttura che oggi meglio risponde alla complessità delle nuove funzioni: è a ordinamento civile e bene si è adeguata al sistema disegnato con l’Ordinamento penitenziario del 1975. Cambiamenti salienti sono stati la partecipazione alle attività risocializzanti, la libera sindacalizzazione, l’ingresso delle donne, con pari dignità e opportunità di progressione in carriera. I nuovi compiti via via assunti hanno accresciuto la professionalità e rafforzato i contributi di sicurezza e legalità, dentro e fuori gli istituti penitenziari. Il solo servizio traduzioni gestisce tutti i trasferimenti di detenuti sull’intero territorio nazionale, impegnando 4000 unità di personale. Nel 2016 sono state effettuate 157.073 traduzioni che hanno interessato 289.800 detenuti. Sono da ricordare l’istituzione del servizio cinofili per il contrasto all’introduzione di sostanze stupefacenti all’interno degli istituti, il Gruppo Operativo Mobile, reparto ad alta specializzazione che gestisce i detenuti in regime di 41bis. E la recente istituzione dei ruoli tecnici con l’avvio del Laboratorio del Dna.
Non più solo sorveglianza alle celle, dunque.
Sono compiti nuovi e molto impegnativi. La Polizia penitenziaria è oggi chiamata a conoscere, monitorare e prevenire il fenomeno della radicalizzazione, con immediato e continuativo raccordo con l’autorità giudiziaria, con tutte le altre forze di polizia e con le Agenzie.
Quale augurio vuole rivolgere al Corpo?
L’augurio che rivolgo alle donne e agli uomini della Polizia penitenziaria è di continuare a operare con l’entusiasmo di sempre per il bene del Paese, tutelando sempre le garanzie e i diritti umani delle persone loro affidate. I meriti della Polizia penitenziaria vanno riconosciuti e apprezzati per l’alto valore sociale svolto. La gratitudine dell’Amministrazione Penitenziaria è costante per il quotidiano sacrificio nell’attendere a compiti difficili e rischiosi. Si rende oggi necessario, con il prossimo riordino, il giusto riconoscimento professionale.
In un discorso dello scorso settembre lei ha invitato la stampa ad abbandonare i pregiudizi nei confronti del Corpo: come superare le preclusioni e in generale l’indifferenza nei confronti dell’intera comunità penitenziaria?
Ritengo che la stampa abbia un ruolo fondamentale per abbattere i pregiudizi e la cattiva informazione sul mondo dell’esecuzione penale. Di esecuzione penale oggi si parla poco e quasi esclusivamente in termini critici. Invece, quanta umanità, comprensione e senso di vicinanza ci sono all’interno delle strutture penitenzarie. Oggi, grazie anche ai nuovi indirizzi degli Stati generali dell’Esecuzione penale, si sperimentano buone prassi, si attuano progetti lavorativi e culturali, si incentiva l’associazionismo, il volontariato, la partecipazione degli enti, delle università. La Polizia Penitenziaria ha un ruolo fondamentale nell’agevolare lo studio, far imparare un mestiere e avviare percorsi virtuosi di lavoro per nuovi e migliori modelli di vita.
Mauro Palma nella relazione annuale del Garante nazionale dei detenuti al Parlamento ha tracciato un quadro in cui grazie a Strasburgo sono stati fatti passi avanti, ma servono ancora interventi su sovraffollamento e qualità della pena detentiva. È d’accordo?
È innegabile che dopo la condanna di Strasburgo abbiamo messo in campo le migliori energie e il massimo impegno per migliorare le condizioni detentive, a cominciare dalle misure per contenere il sovraffollamento. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, come viene riconosciuto da tutti, ha assicurato e assicura la massima attenzione verso il sistema penitenziario. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha fin da subito operato per gli interventi migliorativi delle strutture facendo ricorso massicciamente alle risorse della Cassa ammende e raggiungendo il duplice obiettivo di finanziare gli interventi strutturali e impiegare la mano d’opera dei detenuti. Il carcere ha bisogno del contributo di tutte le componenti sociali, a partire dal mondo dell’imprenditoria, per ridurre il rischio di recidiva che è un obiettivo che può essere raggiunto solo attraverso l’offerta formativa e il lavoro. E su questo voglio citare solo un ultimo esempio: giorni fa abbiamo siglato un accordo con ‘ Marinella’, eccellenza mondiale nella produzione delle cravatte e accessori di sartoria per la creazione di un laboratorio di sartoria artigianale all’interno della casa circondariale femminile di Pozzuoli, ma di iniziative simili ve ne sono molte altre e spero se ne parli sempre di più.