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Nell’agosto 2017 nel carcere di Pisa vi fu una rivolta dei detenuti dopo la notizia del suicidio di un recluso tunisino di 28 anni, che era in attesa di primo giudizio. Tre anni fa a presiedere il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria c’era il magistrato Santi Consolo. L’uomo, informato nella notte dei fatti, rientrò dalle ferie e si recò immediatamente a Pisa. Parlò con i detenuti, e poi diede direttive per diminuire la presenza dei reclusi stranieri e aumentare gli agenti. Dopo poco la rivolta terminò e i detenuti rientrarono nelle loro sezioni. Oggi vi raccontiamo invece una storia diversa, dove lo Stato forse ha fallito: non ha protetto né i detenuti né i detenenti. Per commentare quanto successo, abbiamo raggiunto proprio Santi Consolo. Mentre scriviamo sono in corso numerose rivolte nelle carceri italiane. Addirittura sei detenuti del carcere di Modena sono morti. Non si conoscono ancora bene le cause. Inoltre alcuni agenti della penitenziaria sono stati presi in ostaggio e poi liberati. Come giudica questa situazione e secondo Lei qual è la causa di tutto questo? Le notizie delle agenzie di guerriglie negli istituti penitenziari con detenuti sui tetti, incendi, sequestri, evasioni di massa ed alcuni epiloghi letali fanno riaffiorare in modo forse più drammatico tristi ricordi risalenti agli anni settanta. Forse il governo a guida Pd era nel giusto quando avviò la riforma dell’ordinamento penitenziario, svuotata nei suoi contenuti più significativi dall’attuale ministro. Il disagio e i pericoli, ripetutamente denunciati anche dai sindacati della PolPen erano evidenti; deflagrante una misura sanitaria (divieto di colloqui diretti dei detenuti con i familiari), giusta nei contenuti, ma non nei modi attuativi. Come si poteva evitare tutto questo? L’Oms il 30 gennaio aveva dichiarato l’epidemia da Covid-19 un’emergenza di rilevanza internazionale. Era quindi da tempo altamente probabile che agenti virali diffusivi potessero mettere in gravissimo pericolo sanitario i 193 istituti penitenziari caratterizzati da sovraffollamento e coabitazioni coatte. Quelli che ci lavorano sono inevitabili veicoli di contagio con l’ambiente esterno, soprattutto i penitenziari più grandi contigui ai centri metropolitani. Si necessitano misure deflattive, anche normative, immediate da assumere garantendo la sicurezza. Auspico, quindi, una rapida disponibilità di quantitativi adeguati di braccialetti elettronici (competenza del ministero degli Interni) per consentire esecuzioni penali domiciliari alternativi al carcere per coloro che hanno pene residue brevi e per reati non particolarmente allarmanti. L’applicativo spazi detentivi, che era efficiente e quotidianamente aggiornato due anni fa, dovrebbe essere utilizzato per individuare all’interno di ciascun istituto le disponibilità di stanze singole di quanti, per ragioni sanitarie, potrebbero necessitare di tali stanze e non potranno fruire di benefici. Che giudizio dà del decreto che sospende i colloqui con familiari e li sostituisce con le telefonate, a causa dell’emergenza coronovirus? La cautela, come detto prima, sotto il profilo sanitario è corretta, ma attuata in modo sbagliato. Ministro e Capo del Dap, di concerto dovrebbero, a mio modesto avviso, dare immediatamente le opportune rassicurazioni ai beneficiari circa i provvedimenti previsti dal decreto così implementando da subito sia la frequenza che la durata dei colloqui telefonici, nonché la possibilità di utilizzo della scheda telefonica e dei collegamenti audiovisivi, via Skype o mediante “la piattaforma Microsoft Lync” (lettere circolari Dap del 2015); ciò per compensare i pesanti limiti posti con i divieti di colloqui.. Inoltre, il decreto prevede che la magistratura di sorveglianza può sospendere la concessione dei permessi premio e del regime di semilibertà. Cosa ne pensa? Molti di quelli che sono meritevoli di permessi, in un ottica di necessità deflattiva per ragioni sanitarie, potrebbero essere ammessi a misure alternative. Per i semiliberi da tempo, nelle rubriche di Radio Radicale che curavo, suggerivo l’utilizzo di caserme dismesse o altre strutture, diverse dagli istituti penitenziari, opportunamente modificate, per il pernottamento dei semiliberi. Il rischio di contagio maggiore è proprio dentro il carcere e non è opportuno sovraffollare la struttura. Che giudizio dà complessivamente sull'operato del ministero e del Dap? I sindacati si sono espressi; io mi esimo dal rispondere. Oggi è bene che tutti siano collaborativi per risolvere la grave crisi, soprattutto ritrovando la capacità di dialogo e confronto, ma anche dando risposte efficaci pertinenti e immediate, scevre da valutazioni di convenienza politica. Se fosse stato ancora ai vertici del Dap cosa avrebbe fatto in questo momento? La risposta sarebbe lunga e articolata. Del senno di poi son piene le fosse, ma io avevo preannunciato i correttivi nelle rubriche di Radio Radicale del 2018-2019 intitolate “il punto di vista di Santi Consolo” basta andarle a riascoltare. Vuole aggiungere altro? Vorrei invitare detenuti e familiari a desistere da assembramenti e manifestazioni violente che oltre ad accentuare i pericoli di contagio non aiutano a migliorare la loro condizione. Proprio nell’attuale grave contingenza bisogna dimostrare di essere meritevoli di fiducia comportandosi con estremo buon senso. Apprezzo molto i Provveditori, i direttori, i comandanti e gli appartenenti all’amministrazione penitenziaria che in questi difficili momenti, con la doverosa prudenza, si assumono, in prima persona, rischiose responsabilità.