Da un lato ci saranno i sostenitori, pronti a farsi processare insieme a lui. Dall’altro i contestatori, armati di slogan contro quella Lega che per anni ha sfornato insulti contro il Sud. In mezzo Matteo Salvini, che in una Catania blindata da un cordone di 500 uomini in divisa e assediata dai giornalisti si troverà davanti al gup Nunzio Sarpietro, chiamato a decidere se l'accusa di sequestro aggravato di 131 persone possa reggere o no in giudizio. Per l’accusa, «abusando dei poteri» da ministro dell'Interno, Salvini avrebbe «privato della libertà personale i 131 migranti bloccati a bordo della Gregoretti dalle 00.35 del 27 luglio 2019 fino al pomeriggio del 31 luglio», quando giunse l'autorizzazione allo sbarco nel porto di Augusta. Il processo, dunque, è ancora soltanto un’ipotesi, ma nonostante ciò da mesi il leader della Lega chiama a raccolta il suo “popolo”, riunito sotto lo slogan “processate anche me”. Popolo che oggi era atteso a Catania davanti al Tribunale, presidio sciolto in anticipo da Salvini e trasferitosi a poca distanza, per non avallare le accuse di indebite pressioni sui magistrati. Ma l’ex ministro, 48 ore dopo, si troverà a subire un altro “processo”, seppure simbolico: quello che i suoi ex colleghi di Palazzo Chigi celebreranno ai danni dei decreti Sicurezza, la legge anti migranti voluta da Salvini, che lunedì approderanno in Consiglio dei ministri per essere modificati.

La strada verso il processo è lunga e incerta. Quella di oggi, data simbolica del settimo anniversario della strage di migranti a Lampedusa, dove persero la vita 368 persone, sarà solo un’udienza interlocutoria, durante la quale sarà possibile chiedere al giudice attività istruttoria o depositare atti, nonché la costituzione delle parti civili, tra le quali i migranti. A chiedere il processo per Salvini non è stata la Procura presieduta da Carmelo Zuccaro - che già si era espressa per l’archiviazione -, ma un tribunale dei ministri che oggi ha una composizione diversa rispetto a quella che, a gennaio, aveva ravvisato gli estremi del sequestro di persona, inviando gli atti alla Giunta per le immunità del Senato, che votò l’autorizzazione al processo. In caso di rinvio a giudizio il rischio, per Salvini, sarà non solo la possibilità di una pena più alta di un terzo, in base all’aggravante dei «reati commessi nell'esercizio delle funzioni», ma anche, in caso di condanna in primo grado, la sospensione o decadenza dalla carica di senatore a causa della legge Severino. «Sono tranquillo, sereno e non penso di aver infranto nessuna legge e nessuno si è fatto male - ha detto ieri l’ex ministro a L’Aria che tira -. Semplicemente ho fatto quello per cui gli italiani mi pagavano lo stipendio». Dalla sua parte ci sarà l’intero centrodestra, che da tre giorni presidia la città etnea, ufficialmente per parlare di politica ed economia. Ma la presenza dei leader dell’opposizione ha fatto da traino per attirare a Catania i simpatizzanti del Carroccio, pronti a sventolare le bandiere a sostegno di Salvini alla “Pontida del Sud”. E oggi, alle 8.30, il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, e la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, saranno in piazza Duomo, a meno di 2 chilometri a piedi dal Tribunale, a fianco a Salvini.

«Di fronte ad una parte della magistratura che agisce con finalità politiche non resta che una civile protesta popolare», ha dichiarato Meloni ad HuffPost. Una presenza che secondo il ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, rischierebbe di condizionare il giudice, accusa che Salvini ha respinto con fastidio: «Parliamo di cose serie, per favore», ha replicato. Nella sua memoria difensiva, l’ex ministro ha sottolineato che «non si è verificata alcuna illecita privazione della libertà personale, in attesa dell'organizzazione del trasferimento» dei migranti alla «destinazione finale». Un blocco, il suo, compiuto «nell’interesse della nazione» e durato «solo il tempo necessario per concordare con altri Paesi europei il loro trasferimento». Il tutto col «pieno coinvolgimento del governo».

E mentre sulla testa dell’ex ministro pende un’altra possibile richiesta di processo per sequestro di persona e omissione di atti d'ufficio in relazione alla vicenda Open Arms, per oggi è prevista in piazza Trento, a circa 300 metri dall’udienza, una contromanifestazione della rete “Mai con Salvini”, contro «ogni fascismo e nazionalismo». Il tutto mentre il dibattito politico si scalda. «Il Tribunale non è il Papeete. Il Salvini day a Catania conferma la cultura eversiva della destra italiana», ha contestato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Per Nicola Fratoianni, portavoce nazionale di Sinistra Italiana, «nessuno, neanche un ministro per quanto potente o votato dai cittadini, può essere al di sopra delle leggi». A difendere il leader del Carroccio il governatore della Liguria, Giovanni Toti, secondo cui quello a Salvini «vince la palma d'oro» per i processi strampalati, mentre per Maurizio Lupi, coordinatore di Noi con l’Italia, «ci si appella alla giustizia di un tribunale, ma l'uso di due pesi e due misure è l'autodenuncia delle più palese delle ingiustizie».