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«Non è questo, nella famiglia europea, il tempo per dividersi o per lasciarsi dividere». Con queste parole Giuseppe Conte incassa il sì di Camera ( 291 i favorevoli e 222 contrari) e Senato ( 164 sì, 122 no) sulla riforma del Mes. Il capo del governo interviene alla vigilia del Consiglio europeo, dopo essere riuscito a trovare una quadra sulla risoluzione di maggioranza da sottoporre al Parlamento. Conte chiede a tutti uno sforzo di unità. Il Mes «è una assicurazione contro il pericolo di contagio e panico finanziario a vantaggio di tutti», assicura il presidente del Consiglio. Che poi avverte l’ex alleato del Carroccio: «Bisogna stare attenti a insinuare dubbi e paure nei cittadini italiani». Tanto più che alcune delle posizioni politiche contrarie al Mes nascondono «l’ auspicio di portare il nostro Paese fuori dall’euro- zona o, addirittura, dall’Unione europea». Ma se questo è l’obiettivo, rimarca Conte, «allora converrebbe chiarirlo in modo esplicito, affinché il dibattito pubblico sia trasparente e i cittadini italiani possano essere informati».
La replica leghista è immediata, la pronuncia in Aula il senatore Matteo Salvini, che si rivolge così al premier: «Lo dico alla copia distratta del presidente Monti: noi non abbiamo progetti di far uscire l’Italia dall’Europa, vogliamo solo difendere il lavoro degli italiani», dice l’ex vice di Conte. «Io penso che i veri nemici dell’Europa sono gli eurottusi che credono che qualsiasi cosa arrivi da Bruxelles vada firmata. La salveremo noi l’Europa», attacca Salvini, che sul Mes annuncia una risoluzione unitaria di tutto il centrodestra, proposta da Giorgia Meloni. Il leader della punta a spaccare la maggioranza, consapevole del travaglio interno al Movimento 5 Stelle, dove alcuni senatori si sono già pubblicamente espressi contro la riforma del Fondo salva- Stati. Gianluigi Paragone, Francesco Urraro, Ugo Grassi e Stefano Lucidi prendono la parola a Palazzo Madama per interventi in dissenso dal proprio gruppo: non voteranno la risoluzione di maggioranza e non si riconoscono più nella linea del Movimento. Alcuni di loro potrebbero bussare a breve alle porte della Lega, che applaude alle parole degli “eretici” pentastellati.
L’ennesimo smacco per Luigi Di Maio, che prova a contenere le perdite attaccando le opposizioni. Meloni e Salvini «sono quelli che ci hanno regalato il Mes», perché la prima negoziazione parte dal governo Berlusconi- Lega del 2010- 2011. Adesso «dicono a noi che ci siamo rimangiati la parola sul Mes», insiste il capo politico M5S. «Noi stiamo affrontando la riforma per migliorare uno strumento che loro hanno contribuito a istituire».
Il ministro degli esteri rivendica la posizione battagliera del Movimento, ricordando che ancora nessun trattato è stato sottoscritto. «Avevamo chiesto tre cose importanti», dice Di Maio. La prima è una «logica di pacchetto, finché non avremo il quadro chiaro della situazione non si firma e non si approva niente». La seconda «è che prima dei prossimi passaggi che ci saranno sul Mes a gennaio o a febbraio si ritorni in Parlamento». La terza: «Ci sono dei dettagli tecnici sia all’interno dell’Unione bancaria che dell’Edis che ci preoccupano e quindi abbiamo messo delle clausole importanti che riguardano i tecnicismi di questi due importanti accordi che non vadano a vantaggio di altri Paesi». Ma le precisazioni non bastano a convincere gli euroscettici del Movimento.
Soddisfatto del compresso ottenuto dalla maggioranza è il Pd, che col senatore Alessandro Alfieri dice: Abbiamo messo «in condizione Conte di andare in Ue e difendere al meglio gli interessi degli italiani, che si difendono al meglio in Europa, mentre Salvini ai consigli Ue sui migranti non c’era perché andava in giro nelle piazze italiane a fare il comiziante».