L'ex sindaco di New York e padre della “tolleranza zero” Rudolph Giuliani è stato radiato in forma «permanente» dall’ordine degli avvocati di Washington, il che aggiunge un altro capitolo al malinconico crepuscolo politico di colui che un tempo veniva chiamato dai media «il primi cittadino d’America». Pochi mesi fa aGiuliani veva perso la licenza professionale anche nella Grande mela.

La radiazione è stata stabilita da una sentenza della Corte d’appello distrettuale di Columbia dopo aver accertato i tentativi di Giuliani -all’epoca avvocato del presidente Donald Trump- di far invalidare migliaia di schede elettorali a favore di Joe Biden durante le presidenziali del 2020 in Pennsylvania, Georgia e Arizona.

In un rapporto dello scorso giugno il Board on Professional Responsibility dell’ordine si era espresso con estrema chiarezza, spiegando che esistono «prove chiare e convincenti» che l’ex primo cittadino avesse violato le regole di condotta della professione. «Giuliani ha sostenuto che ci fosse una massiccia frode elettorale a favore di Biden senzaportare alcuna prova. Il suo totale disprezzo per i fatti offende la professione legale. Il suo tentativo di minare l’integrità delle elezioni presidenziali del 2020 ha contribuito a destabilizzare la nostra democrazia. Le sue affermazioni maliziose e infondate hanno causato danni duraturi e sono contrarie al giuramento di sostenere la Costituzione degli Stati Uniti d’America che ha prestato quando è stato ammesso all’Ordine degli avvocati», si legge nel comunicato dell’ordine.

Il Board aveva raccomandato già nel 2022 che la licenza di avvocato di Giuliani fosse revocata a tempo indeterminato dopo che i suoi investigatori lo avevano ritenuto colpevole di condotta non etica per affermazioni inaccurate e non supportate da lui rese in una testimonianza a una corte federale in Pennsylvania mentre contestava i risultati delle elezioni del 2020. In sostanza Giuliani sarebbe stato l’artefice e il frontman del tentativo di congelare i risultati elettorali da parte di Trump il quale non accettava la vittoria del rivale democratico.

Per difendersi Giuliani, che ha definito «una farsa assoluta» la sentenza della Corte di Washington ha sostenuto di essere in buonafede, e cioè di aver creduto realmente all’esistenza di una frode elettorale architettata contro il tycoon, negando la volontà di distorcere il risultato elettorale. «I membri della comunità legale che vogliono proteggere l'integrità del nostro sistema giudiziario dovrebbero immediatamente esprimersi contro questa decisione partigiana e politicamente motivata», ha commentato il portavoce di Giuliani Ted Goodman.

La surrettizia difesa degli interessi di The Donald si è rivelata una autentica iattura per Giuliani, non solo dal punto di vista della credibilità pubblica. Condannato per diffamazione, lo scorso anno l’ex sindaco è stato infatti costretto a dichiarare bancarotta dopo che una giuria lo ha costretto a pagare la cifra “mostre” di 148 milioni di dollari a due scrutatori della Georgia accusati anche loro di aver falsificato le schede elettorali a favore di Biden. Giliani ha dovuto cedere il suo lussuoso appartamento di Manhattan e alcuni dei suoi preziosi cimeli dei New York Yankees, tra cui tre anelli delle World Series e una maglietta autografata della leggenda Joe DiMaggio. Per evitare la bancarotta Giuliiani aveva presentato istanza di fallimento poco dopo la condanna per diffamazione. Ma lo scorso luglio un giudice ha respinto la richiestao, citando la mancata osservanza degli ordini del tribunale, la mancata divulgazione delle fonti di reddito e la sua apparente riluttanza ad assumere un esperto per esaminare i suoi libri contabili.