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C’è un’immagine che dovremmo incorniciare per spiegare il nostro Zeitgeist: ventimila cittadini napoletani che invadono Roccaraso vestiti con tute da sci tarocche e smartphone in modalità live-TikTok. Un esodo biblico, partorito da un video della signora Rita, influencer del popolo con due milioni di follower partenopei. Un esercito di sconosciuti, accomunati da un dettaglio che a molti commentatori e intellettuali da “Terrazza” deve essere sfuggito: molti di loro, per la prima volta, hanno toccato la neve.
Ecco, se cercavate un’istantanea perfetta della frattura tra popolo ed élite, allora l’avete trovata, servita con una spruzzata di ghiaccio e un tripudio di “Fratè guarda che burdello!”.
Già, perché il problema non è stato solo il caos, i parcheggi saturi o il mancato rispetto delle regole (che, in ogni caso, non sarebbero cambiate con ventimila milanesi o romani d’ordinanza). No, il problema era proprio loro: il popolo “brutto sporco e cattivo” - come nel film di Scola -, gli “altri da noi”, quelli che non avrebbero dovuto essere lì. Con l’aggravante degli autobus targati Napoli, l’ultima città plebea secondo Pasolini.
Gli intellettuali Ztl (e scusate la parolaccia) si sono sprecati nel sermoneggiare sull’inciviltà, sul turismo che devasta, sulle montagne invase da chi non ha dimestichezza con l’arte del weekend alpino. Come se il vero crimine fosse osare calpestare la neve senza lo skipass stagionale a Courmayeur, senza il pedigree da frequentatore di Ortisei. Il sottotesto era chiaro: cosa ci fanno questi qui, con il loro disordine, il loro accento, il loro divertimento viscerale, in un luogo che non è stato concepito per loro? Ed è sufficiente leggere le parole di Michele Serra su Repubblica per comprendere il livello di sofisticato disprezzo della nostra “aristocrazia borghese” nei confronti del popolo: «Vale un film distopico la presa di Roccaraso, località montana fu ridente, da parte di migliaia di turisti giornalieri, vomitati da centinaia di pullman, arrivati tutti assieme lassù su istigazione di una matura influencer napoletana», sentenzia Serra.
Eppure, a guardar bene, questa storia racconta molto più dell’odio del popolo verso l’élite, sul quale ragionano da anni filosofi, sociologi, politologi e giornalisti. Racconta il suo contrario, di una cosa di cui parliamo assai poco: ovvero del fastidio dell’élite verso il popolo. Una sorta di aristocrazia della montagna, un feudo bianco e immacolato, violato da chi di solito viene lasciato giù, a valle, al mare, o direttamente nei quartieri dove la neve arriva solo con una spruzzata di robaccia chimica sugli alberi di Natale. Roccaraso, insomma, è diventata il teatro di uno scontro sociale che va oltre la cronaca: un popolo che osa prendersi uno spazio che non gli spetta, e un’élite che si sente derubata di un privilegio che fingeva di non possedere.
In fondo, è la stessa dinamica che si ripete ovunque: quando il popolo pretende di stare dove storicamente non è previsto, l'indignazione diventa fastidio.
Insomma, se è vera e certificata da tempo la diffidenza del popolo per le élite, la lezione di Roccaraso ha smascherato quel che in fondo in fondo sospettavamo da tempo: il disprezzo delle élite verso il popolo.