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«Iniziamo oggi un processo definito storico, fuori dal normale. Ciò che importa è il rispetto della legge, il rispetto di ciascuno, a cominciare dal rispetto dei diritti della difesa». Con queste parole il presidente della Corte d’assise speciale, Jean-Louis Peries, ha dato inizio al processo sugli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 che si è aperto oggi al Palazzo di Giustizia nella capitale francese. Una premessa evidentemente "necessaria", se si considera l'ondata emotiva che quei terribili fatti ancora suscitano in milioni di francesi. La carneficina del Bataclan, le sventagliate di Ak47 nei caffé della Bastiglia, il parcheggio dello Stade de France: le stragi della notte del 13 novembre 2015 causarono oltre 130 morti e cinquecento feriti. Il principale imputato Salah Abdelsalem ha rilasciato una laconica dichiarazione in cui afferma di non riconoscere la giustizia francese, ma «soltanto quella di Allah». Abdelsalem ha poi rivendicato la sua adesione all’Isis: «Ho rinunciato a qualsiasi professione per diventare un combattente dello Stato Islamico», ha detto ai giudici parigini. Le prime cinque settimane del processo saranno riservate alle parti civili, quasi 1.800 quelle che si sono costituite. Dal 28 settembre al 29 ottobre il tribunale ascolterà prima i sopravvissuti e i parenti delle vittime dello Stade de France e decaffé, poi dedicherà circa un mese alle parti civili legate all’attentato al Bataclan. Il 2 novembre si inizierà con primi interrogatori degli imputati, ma bisognerà attendere il febbraio 2022 per assistere al loro interrogatorio sulla preparazione e la realizzazione dei vari attentati, come spiega Le Figaro. Il 10 novembre sarà la volta della testimonianza dell’ex presidente François Hollande, Bernard Cazeneuve il 17, mentre Manuel Valls e Jean-Yves Le Drian saranno convocati il 30 marzo 2022. Del processo ha parlato anche il ministro della Giustizia Eric Dupond-Moretti, al microfono di BFMTV e RMC, ricordando l’emozione per quei fatti terribili ma anche la necessità di non cedere alla vendetta travalicando i principi dello Stato di diritto: «Questi eventi hanno fatto breccia nei nostri ricordi e nella nostra memoria collettiva», ha insistito il ministro della Giustizia, per il quale la sfida del processo è duplice: che la giustizia «sia resa secondo le regole che sono state nostre per secoli e che siamo all’appuntamento logistico». «Il mondo intero ci guarda» ha detto Dupond-Moretti nell’intervista. La sfida è rendere giustizia «in conformità con le nostre regole. Ciò che fa la differenza tra una civiltà e la barbarie sono le regole del diritto».