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Donald Trump, presidente eletto degli Stati Uniti d'America
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha reso pubblico il rapporto finale del procuratore speciale Jack Smith sui presunti tentativi del presidente eletto Donald Trump di invalidare il risultato delle elezioni del 2020, vinte dal presidente uscente Joe Biden. Nel rapporto, composto da 174 pagine, Smith difende le sue azioni, sottolineando che non ci sono state interferenze politiche nelle sue decisioni e affermando che l'accusa disponeva di prove solide per ottenere una condanna, qualora Trump non fosse stato rieletto alla Casa Bianca.
«La decisione finale di procedere con le accuse contro Trump è stata esclusivamente mia. La sostengo pienamente», ha dichiarato Smith in una lettera indirizzata al procuratore generale Merrick Garland, pubblicata insieme al rapporto. Ha inoltre aggiunto: «Chi mi conosce bene sa che le affermazioni di Trump secondo cui le mie decisioni sarebbero state influenzate dall'amministrazione Biden o da altri attori politici sono, semplicemente, ridicole».
La pubblicazione del documento arriva dopo una battaglia legale intrapresa dai legali di Trump, che avevano cercato di bloccarne la diffusione. La richiesta includeva anche la non divulgazione di un secondo volume riguardante i documenti presidenziali riservati conservati a Mar-a-Lago. Tuttavia, la giudice distrettuale Aileen Cannon ha autorizzato la diffusione solo del rapporto relativo alle presunte interferenze elettorali, incentrato sull'assalto al Congresso avvenuto il 6 gennaio 2021, evento che ha coinvolto sostenitori del presidente eletto.
Il rapporto dettaglia l'indagine che ha portato all'incriminazione di Trump nel 2023 con quattro capi d'accusa penale, descrivendo un presunto «schema criminale» volto a rovesciare i risultati elettorali del 2020. Secondo l'accusa, l'obiettivo di Trump sarebbe stato quello di sovvertire la democrazia per rimanere al potere. Trump si è dichiarato non colpevole per tutte le accuse.
Il caso, così come quello riguardante i documenti riservati trovati a Mar-a-Lago, è stato successivamente archiviato dopo la rielezione di Trump a novembre, in virtù di una consolidata politica del Dipartimento di Giustizia che prevede il divieto di processare un presidente in carica.