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«Chiediamo di applicare, subito, le misure più restrittive di contenimento della diffusione del virus nella società, su tutto il territorio regionale, o almeno nelle aree più a rischio (come Milano) senza indugio e a costo di impopolarità. Le ultima misure rappresentano un passo avanti, ma purtroppo non sono sufficienti». A dirlo è il reponsabile del Coordinamento CoViD-19 dei Pronto Soccorso lombardi, Guido Bertolini, a nome dei Pronto Soccorso lombardi. «L’aumento repentino dei contagi ha raggiunto il livello soglia che determina uno stress sul sistema ospedaliero», aggiunge Bertolini. Accanto a questi malati, molto più che a marzo e aprile quando eravamo in lockdown, vi sono malati non-Covid, critici e non. Il risultato - spiega il reponsabile del Coordinamento CoViD-19 dei Pronto Soccorso lombardi - è avere Pronti Soccorsi in estrema sofferenza con aree sovraffollate nelle quali viene a mancare il necessario distanziamento, aumentando così il rischio di contagio per via aerea, sia i rischi di errore clinico e di non trattare compiutamente i pazienti. Una situazione davvero pericolosa che impone scelte e strategie immediate». Dunque «va temporaneamente sospesa negli ospedali l’attività assistenziale» rimandabile, «come ad esempio gli interventi chirurgici per problematiche di salute stabili e non evolutive. La Regione ha già disposto questa misura, ma la sua applicazione risulta incerta e non sistematica. Bisogna che gli ospedali più piccoli e periferici attivino davvero, come ha disposto la Regione, molti più posti letto per quei pazientiCoViD-19 che non necessitano di cure avanzate». E poi «è necessario che tutti i cittadini riducano al minimo i contatti sociali e adottino sempre le più importanti misure di prevenzione: mascherine, distanziamento e lavaggio delle mani. Il virus è estremamente contagioso e il sistema assistenziale, soprattutto in alcune aree della Regione è vicino al collasso». Infine, sottolinea Bertolini, «i modelli matematici più accreditati prevedono, in assenza di misure restrittive, una crescita degli infetti che diventerà esplosiva in poco tempo. Solo gli interventi preventivi potranno ridurre l’impatto sulla mortalità della popolazione». Nonostante l'allarme dei Pronto Soccorso, sembra che a Milano non scatterà, almeno per ora, un nuovo lockdown. Il sindaco Giuseppe Sala in collegamento con Dataroom di Milena Gabanelli replica alle parole del consulente del ministro della salute Walter Ricciardi che ha parlato della necessità di chiudere la città, per la curva alta dei contagi. «Non mi hanno consultato - ha spiegato - non credo che sia così nel rispetto di Ricciardi. Ho appena ricevuto un messaggio sms di un virologo di cui mi fido molto, che dice ieri c’erano circa 80 pazienti intubati a Milano e 200 in Lombardia. La conclusione è che anche nella peggiore delle ipotesi avremmo 10-15 giorni per decidere un eventuale lockdown». Il problema adesso, come spiega il sindaco sono i numeri alti dei ricoveri che intasano gli ospedali. Ma «non credo sia irrisolvibile e che ci debba portare a un lockdown generale adesso». «Il Ministro della Salute ha il compito costituzionale di tutelare la salute e voleva e vuole che si faccia di più. In Consiglio dei Ministri però si confronta con Ministri che tutelano e presidiano, giustamente, il proprio mondo. Questo non succede solo in Italia ma in tutta Europa e infatti in tutta Europa il virus sta dilagando perché ci si trova di fronte a questo tipo di esitazione. La politica non capisce che non c’è sviluppo economico se non c’è tutela della salute e lo vediamo in paesi come la Francia dove la situazione è assolutamente fuori controllo». Queste le parole di Walter Ricciardi, consulente del Ministro della Salute Speranza, commentando le divisioni all’interno del governo sui recenti DPCM, spiegando che la linea del Ministero della Salute sarebbe stata favorevole a misure ancora più restrittive. Ricciardi infatti torna a chiedere dei lockdown mirati nelle zone dove il virus circola di più, perché «ci sono delle aree del paese dove la trasmissione è esponenziale e le ultime restrizioni adottate che possono essere efficaci nel resto del territorio, in quelle zone non sono valide per fermare il contagio. A Milano e Napoli uno può prendere il covid entrando al bar, al ristorante, prendendo l’autobus. Stare a contatto stretto con un positivo è facilissimo perché il virus circolatantissimo. In queste aree il lockdown è necessario, in altre aree del paese no. Ci troviamo in presenza di migliaia di soggetti asintomatici che tornano a casa, dove non si indossa la mascherina, ci si bacia e ci si abbraccia». La possibilità di un lockdown in alcune aree d’Italia, tra cui Milano, è un’opzione che «mi rattrista in maniera violenta», ma che «non può non essere considerata», commenta invece Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano e docente all’università Statale del capoluogo lombardo. Se la speranza di Galli è «che le misure già adottate producano l’effetto voluto», per un lockdown in aree mirate come la metropoli meneghina potremmo non dover aspettare, avverte l’esperto. Cruciali saranno i numeri che vedremo nei prossimi giorni, spiega l’infettivologo. Perché se corrisponderanno alle previsioni peggiori, o addirittura le supereranno, allora il lockdown sarà «necessario». «Francamente - è la premessa di Galli - mi auguro che le misure già adottate, se correttamente messe in atto e seguite, possano essere sufficienti all’obiettivo che è quello di invertire la rotta entro 15 giorni». Lo specialista parte infatti con l’augurio «che non sia necessario chiudere oltre, perché chiudere oltre vuol dire in determinate aree del Paese un lockdown totale e non so quanto ce lo possiamo permettere». Tuttavia «siamo di fronte a una realtà molto dura», una situazione difficile persino da descrivere: «Non si può vedere quanto è stato disperso di quello che avevamo faticosamente ottenuto con il lockdown» di marzo-maggio, osserva Galli, aggiungendo che il trend dei contagi da Sars-CoV-2 «certamente non migliorerà nei prossimi giorni. Non ci possiamo aspettare che i prossimi siano giorni tranquilli - prevede il primario del Sacco - perché i fenomeni che sono in marcia non ce li togliamo di dosso. Per i prossimi giorni ci dobbiamo quindi attendere una quantità di nuovi casi». Il punto è però questo: «Se i provvedimenti presi ora non fermano la tendenza in atto, la faccenda diventa molto seria e a quel punto non abbiamo alternative» al lockdown in alcune zone d’Italia. Ma anche la possibilità di decidere una chiusura da subito è per Galli «una tematica che rimane sul piatto e che dovrà essere accuratamente valutata a breve termine». Tutto «dipende dagli andamenti dei prossimi giorni e dall’estensione che prenderà l’ulteriore incremento dei casi. In questo momento - chiarisce l’infettivologo - possiamo fare delle ipotesi che vanno da un minimo a un massimo». Ebbene, se nei prossimi giorni «arriviamo al massimo, nella parte più alta della ’forchettà oanche oltre, allora quello che è stato fatto non basta e almeno indeterminate aree del Paese - tra cui purtroppo Milano - sarà necessario fare ancora di più».