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Non è questo il tempo delle polemiche. Nei giorni della solidarietà sul punto sembrano tutti d’accordo. L’emergenza Covid ha in parte sterilizzato persino lo scontro politico più acceso: il flusso migratorio in arrivo sulle nostre coste. Chiusi i confini per necessità, sul banco degli imputati restano le organizzazioni umanitarie, fino a ieri impegnate nel Mediterraneo per gestire la crisi. Questa volta a suggerire il sospetto sull’operato delle navi umanitarie - i salviniani “taxi del mare” - non sono i volti noti del sovranismo nostrano, ma alcuni esponenti di spicco del giornalismo. Il primo commento polemico è apparso sulla bacheca Facebook di Bruno Vespa, che in un video invita gli attivisti di Medici Senza Frontiere a «tornare a bordo dell’emergenza». «Questa volta, anche se non c'è politica, non c'è propaganda e non ci sono le tv internazionali, sarebbe utile il loro impegno. Dove sono finiti?», commenta lo storico conduttore Rai. L’accusa è presto rispedita al mittente: «Gentile Bruno Vespa - scrive Msf in in un commento al post - siamo in azione da più di una settimana sul territorio italiano per supportare la risposta del governo, in particolare nel lodigiano. Oltre l’Italia i nostri team stanno intervenendo anche in Francia, Spagna, Belgio, Grecia, Cina e Hong Kong e siamo in contatto con le autorità sanitarie in altri paesi». Un paio di giorni dopo l’Organizzazione francese finisce anche nel mirino di Annalisa Chirico, questa volta su twitter. «A giorni Fontana e Bertolaso aprono il primo reparto dell’ospedale alla Fiera di Milano, e soluzioni simili si replicano in altre parti d’Italia. Servono medici e infermieri: perché quelli delle ONG, i medici ‘senza frontiere’ etc. non vengono in Italia ad aiutarci?», scrive la giornalista in un post che fa rapidamente il giro del web. La polemica esplode sui social e raggiunge anche la politica. «È davvero vergognoso che anche in una situazione di emergenza drammatica per tutto il Paese, si continui con la solita campagna di diffamazione politica nei confronti delle Ong, e nel caso specifico di Medici Senza Frontiere. Ancor più vergognoso che tali operazioni vengano fatte non da un leghista qualunque, ma da un giornalista come Vespa». A dirlo è Nicola Fratoianni di Leu, a cui fa eco il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi. Ma intanto cosa fanno le Ong? Dal 9 marzo Medici Senza Frontiere è attiva negli ospedali del Lodigiano, dove si è sviluppato il primo focolaio dell’epidemia. «In questo momento sono al lavoro 25 operatori di Msf tra medici, infermieri, logisti ed esperti nel controllo delle infezioni. Ma tutti i nostri operatori che non sono impegnati in missioni all'estero stanno dando il loro contributo in Italia, mettendosi a disposizione delle Aziende sanitarie del territorio», fa sapere l’infettivologa e presidente di Msf Italia, Claudia Lodesani. L’esperienza maturata nei principali teatri di guerra e nei territori colpiti dall'ebola è messa a frutto nell'emergenza europea. «Un braccialetto elettronico - spiega la Ong - misurerà i parametri da tenere sotto osservazione, così il paziente sarà monitorato a distanza e il medico di famiglia visiterà solo chi ha effettivo bisogno di cure. Questo modello di presa in carico del paziente non ospedalizzato è stato già applicato da MSF durante le epidemie di Ebola». In prima linea sul territorio lombardo anche gli operatori di Emergency: un team di medici, infermieri, fisioterapisti e logisti, sta collaborando con la Sanità degli alpini per l’allestimento del nuovo ospedale da campo nella Fiera di Bergamo, mentre nel comune di Milano è attivo il progetto "domiciliarità" per il trasporto di beni di prima necessità alle persone più esposte all'epidemia. «Stiamo formalizzando con una serie di Ong protocolli di lavoro comuni negli ospedali dell’Emilia-Romagna. Con Emergency siamo più avanti, Gino Strada ci ha dato disponibilità una decina di giorni fa», spiega il commissario per l'emergenza Sergio Venturi. Gli operatori di Emergency saranno impegnati in particolare in «attività di supporto sulla compartimentazione degli ospedali per impedire che negli ospedali si mescolino pazienti positivi e pazienti normali».