Il cinema è “l’arma più potente dello Stato” e Trump lo sa bene. Il cinema non inteso in senso letterale, bensì come immagine sul video prestata alla propaganda.

Due aerei sono ripresi parcheggiati sulla pista, circondati dalle forze speciali salvadoregne in tenuta anti sommossa. I portelloni si aprono, persone in abiti civili, incatenate, vengono trascinate giù per le scalette e messi su autobus diretti alla più grande prigione di tutta l’America Latina: il Cecot (centro de confinamiento del terrorismo), con una capienza di 40mila detenuti. Qui vengono vestite con uniformi bianche, da capro espiatorio, messe in ginocchio e rasate prima di essere radunate nei corridoi dei bracci e condotte nelle maxi celle.

Il video pubblicato dal presidente di El Salvador, Nayib Bukele, viene ripreso e pubblicato da Trump su Truth con al didascalia “Questi mostri sono stati mandati nel nostro paese dal corrotto Joe Biden e dalla sinistra radicale. Come hanno osato. Grazie a El Salvador e in particolare, Presidente Bukele, per la comprensione in questa situazione orribile”. Il video è confezionato ad arte per dare al cittadino la sensazione di vendetta, che giustizia è stata fatta, poco male se sommaria, almeno è fatta.

Le 238 persone, presunti membri della gang venezuelana Tren de Aragua, designata dagli USA come organizzazione terroristica, sono state arrestate, detenute e deportate, senza diritto ad un colloquio per l’asilo o di un’udienza nei tribunali per l’immigrazione, a seguito di un ordine esecutivo emesso dal presidente degli Stati Uniti sulla base del Alien Enemies Act del 1798.

La legge, che potrebbe essere applicata in caso di ‘dichiarata guerra’ con un altro stato, attribuisce al Commander in Chief pieni poteri per contrastare un’invasione o un’incursione predatoria sul suolo americano da parte di un nemico esterno. Questa è stata richiamata ‘solo’ tre volte nel corso della storia: nella guerra angloamericana del 1812 e durante le due guerre mondiali, durante la seconda furono destinatari anche italiani ed italoamericani, oltre a tedeschi, austriaci e giapponesi.

L’Ordine esecutivo per la deportazione dei presunti criminali era stato sospeso per 14 giorni dal giudice distrettuale della capitale americana, James Boasberg, nella giornata di sabato, in attesa dell’esame di merito del ricorso presentato da cinque cittadini venezuelani. Il giudice ha contestualmente ordinato che: “qualsiasi aereo in partenza o in volo con a bordo immigrati ritorni negli USA”. Ordine rimasto ignorato dalle autorità americane e anzi deriso dal presidente salvadoregno, che sui social ha scritto: “oops, troppo tardi”.

Il post è stato ripreso e rilanciato dal direttore della Casa Bianca, Steven Cheung, a cui si è aggiunto il Segretario di Stato Rubio che ha ringraziato il presidente Bukele. Uno sbeffeggio da parte di un capo di stato straniero nei confronti del potere giudiziari statunitense, definito da David Super, professore di legge alla Georgetown University, “un oltraggio alla Corte”. I due jet decollati dal Texas non hanno invertito la loro rotta per tornare negli Stati Uniti, seguendo l’intimazione di Boasberg, e hanno proseguito verso le loro destinazioni: El Salvador e Honduras. Ci sono però diversi dettagli ancora poco chiari, come l’orario di partenza degli aerei.

Domenica mattina la portavoce della Casa Bianca, Karolin Leavitt, ha rilasciato una dichiarazione, nella quale viene negato il rifiuto ad ottemperare all’ordine emesso dal giudice, mettendo in dubbio l’autorità del giudice di emetterlo. Lo stesso giorno gli avvocati del Dipartimento di Giustizia hanno presentato un ricorso di 25 pagine, nelle quali l’ordine di Boasberg viene definito “una massiccia imposizione non autorizzata all’autorità dell’esecutivo”, sostenendo che le azioni del presidente “non sono soggette a revisione giudiziaria” in quanto, secondo i ricorrenti, sarebbero espressione dell’autorità costituzionale intrinseca della presidenza in materia di scurezza nazionale e politica estera.

Lo sfregio via social perpetrato dal presidente Bukele, e rilanciato da membri dell’esecutivo statunitense, non sembrano destinati a cadere nei meandri dell’internet, anzi potrebbero aver spinto Washington verso una crisi costituzionale. Se l’amministrazione avesse davvero ignorato un ordine del tribunale vorrebbe dire che il potere esecutivo intende ignora il potere giudiziario, facendo venire meno l’equilibrio tra i poteri, imboccando una strada che porta in una sola direzione.