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“Sentenza vergognosa! Dato che la giustizia non esiste sarà fatta in un altro modo”: inizia così la lettera minatoria che, accompagnata da un proiettile, è giunta pochi giorni fa all’avvocato Andrea Miroli, legale della famiglia Ciontoli, coinvolta nella morte di Marco Vannini; i giudici di primo grado hanno condannato a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale il padre della fidanzata, Antonio Ciontoli, a tre anni invece, per omicidio colposo, la moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico. Assolta la fidanzata di Federico Ciontoli, Viola Giorgini. “A Marco l’ogiva non è stato visto? - prosegue, in un italiano stentato, la lettera arrivata anche al signor Ciontoli Chi lo sa se a te e al tuo avvocato corrotto lo vedranno, siate maledetti! Ha ragione Carmelo Abbate ( giornalista di Panorama e
QuartoGrado, ndr) non basta la giustizia ci deve essere vendetta e qualcosa di spietato per un vigliacco come te e così anche per il tuo avvocatuccio”. «In passato avevo ricevuto messaggi per lo più diffamatori – racconta al Dubbio l’avvocato Miroli – adesso invece si è andati decisamente oltre. L’aspetto più anomalo è che in una trasmissione televisiva un noto opinionista ha inneggiato alla giustizia privata e sommaria.
Molte trasmissioni televisive hanno trattato la vicenda in maniera parziale e unilaterale». Chiediamo all’avvocato se lui e il suo collega Pietro Messina siano stati mai invitati a partecipare ad alcune di esse: «Qualche volta abbiamo rilasciato delle interviste ma sono state puntualmente tagliate. Ad un certo punto abbiamo rifiutato di partecipare in ragione del fatto che la nostra argomentazione sarebbe stata di puro diritto: come parlare, ad esempio, di dolo eventuale dinanzi ad un pubblico non formato da tecnici? Se di questa vicenda si fa una valutazione prettamente morale difficilmente è sostenibile qualsiasi argomentazione difensiva. Noi avremmo potuto solo riferirci a dati processuali che però non interessano a nessuno, proprio perché sono così tecnici».
E a proposito dell’ultima trasmissione che due giorni fa ha trattato la vicenda, le Iene su Italia 1, l’avvocato Miroli precisa: «Si è fatto ancora riferimento a elementi acquisiti in fase di indagini preliminari che sono stati totalmente sconfessati nel corso del dibattimento. E poi come posso io andare in una trasmissione a replicare a quello che dicolpito ce la madre della vittima, che ha tutte le ragioni del mondo per sostenere quello che dice? Lei parla con le emozioni e sono quelle che arrivano al pubblico. Però bisognerebbe far capire che il processo non è fatto contro la mamma, si tratta di un giudizio cognitivo deputato all’accertamento dei fatti, che sono, come appurato, diametralmente all’opposto di quello che qualcuno continua a sostenere in televisione». E sulle ragioni di tanto accanimento contro il suo lavoro di difensore aggiunge: «L’avvocato è considerato coincidente con il proprio assistito; ho deciso di non far mai parlare Antonio Ciontoli con i giornalisti perché sarebbe stato indifendibile dal loro punto di vista: qualsiasi cosa avesse detto, non sarebbe stato creduto. Pertanto la pallottola che mi è arrivata è frutto di quello che viene raccontato in televisione che non corrisponde a quanto emerso nel corso del dibattimento». «Sul proiettile – ha concluso Miroli – verranno analizzate eventuali impronte, e le immagini delle telecamere». A sostegno dell’avvocato, che è anche presidente della Camera Penale di Civitavecchia, è giunto l’appoggio dell’avvocato Cesare Placanica, coordinatore delle Camere Penali del Lazio che ha espresso, anche a nome del Presidente Unione Camere Penali Italiane, Beniamino Migliucci, la preoccupazione per l’ennesimo attentato alla funzione difensiva e la solidarietà di tutta l’Avvocatura penale.