Israele non ha tutti i torti quando afferma che i combattenti di Hezbollah si “nascondono” dietro le postazioni dell’Unifil utilizzate come scudi umani dal Partito di Dio. Domenica scorsa alcuni ufficiali dell’Idf hanno mostrato ai giornalisti un tunnel scavato dalle milizie sciite a poche centinaia di metri dal quartier generale delle forze di peacekeeping delle Nazioni Unite dal quale venivano lanciati razzi in territorio israeliano.

All’interno le telecamere hanno inquadrato decine di missili anticarro, di mine di fucili di assalto, di droni e di altro equipaggiamento bellico. Era stato costruito diversi anni fa e, secondo Tel Aviv, questo dimostrerebbe che l’Unifil non è minimamente in grado di far rispettare le disposizioni della risoluzione 1701. Che la cosiddetta “linea blu” non è una zona smilitarizzata ma un minaccioso avamposto per colpire Israele.

Il sistema di tunnel costruito da Hezbollah è ancora più labirintico e ramificato di quello utilizzato da Hamas nella Striscia di Gaza, centinaia di chilometri di cunicoli, autentiche città sotterranee al cui interno vengono ospitati i depositi di armi, i centri operativi dell’organizzazione ma anche appartamenti, bagni dotati di acqua calda, addirittura ambulatori e infermerie di fortuna con tanto di sistemi di ventilazione e di climatizzazione.

Secondo un rapporto del 2021 pubblicato dal centro di ricerca no profit “Alma”, la rete di gallerie che unisce oltre 160 località da Beirut alla regione della Bekaa fino al sud del paese arabo, è stata edificata all’inizio degli anni 2000 anche con l’aiuto di ingegneri provenienti dalla Corea del nord sul modello dei tunnel che passano sotto la zona demilitarizzata lungo il 38esimo parallelo.

Dopo la guerra del 2006 con il ritiro e la parziale sconfitta di Israele Hezbollah ha potuto lavorare per quasi un ventennio all’espansione delle gallerie e lo ha fatto con grande libertà di movimento nell’importazione di materiali per via marittima in particolare dall’Iran o dalla vicina Siria. Una gran parte delle istallazioni è perfettamente mimetizzata e protetta da metri di cemento armato; per smantellarla non bastano i raid aerei o i colpi di artiglieria e nemmeno le bombe di profondità “bunker buster” ma bisogna penetrare all’interno con le truppe. È una delle ragioni per le quali l’Unifil è considerata un fastidioso intralcio dal governo Netanyahu e dai generali dell’Idf che vogliono occupare fisicamente le istallazioni. Anche a costo di una drammatica e proditoria rottura con le Nazioni Unite e soprattutto con gli alleati europei.

Nei tunnel che si ramificano dalla capitale Beirut ci sono i principali centri decisionali di Hezbollah e, stando all’intelligence israeliana, è lì che si rifugiano alti ufficiali e comandanti; la rete che corre sotto la Bekaa rappresenta un centro logistico di primaria importanza per la sua vicinanza al confine siriano. Quelli costruiti vicino alla frontiera israeliana nella parte sud ovest del Libano, ossia quelli vicini alla missione Unifil, servono invece da prima linea difensiva per rallentare l’avanzata dell’Idf ma anche per operazioni di infiltrazione nello Stato ebraico.

Dopo gli attacchi simultanei ai cercapersone dello scorso mese le capacità di comunicazione di Hezbollah hanno subito un colpo durissimo ed è proprio attraverso il sistema “analogico” dei tunnel che le milizie riescono ancora oggi coordinare le operazioni in uno schema di guerra asimmetrica che appare inevitabile di fronte a un nemico superiore in ogni comparto, con attacchi “mordi e fuggi”, trappole ed esplosivi mimetizzati nelle rocce, lanci improvvisi di razzi e mortai.

Dall’inizio dell’offensiva in Libano, l’esercito israeliano ha eliminato decine di comandanti di Hezbollah nonché la sua guida suprema Hassan Nasrallah, oggi diventato «martire supremo» della resistenza, ma il Partito di Dio può contare su almeno 40mila combattenti ben addestrati e motivatissimi, su un arsenale superiore persino a quello dell’esercito regolare libanese, alimentato dai generosi aiuti del regime iraniano. Venirne a capo sarà tutt’altro che facile. E i caschi blu dell’Unifil rischiano di fare la fine del classico vaso di coccio.