Una bambina cammina scalza sulle roventi dune del deserto. Affronta da sola il silenzio di una prigione senza sbarre o confini, rotto solo dall’ululato del vento. «I suoi genitori potrebbero essere crollati dietro di lei, disidratati, cacciati o scomparsi durante le ultime espulsioni di massa di neri africani da parte della Libia. Forse sono stati arrestati e gettati nelle buche di Gharyan o Sikka. O forse sono stati lasciati morire, come tanti altri, nella terra di nessuno che l’Europa paga per mantenere invisibile», si legge nella nota della Ong Mediterranea che giovedì ha pubblicato sui suoi canali social il video, diffuso da Refugees in Libya, che ritrae la bambina vagare solitaria e senza meta nel deserto tra Libia e Ciad. «Non si tratta di un incidente. È un’epurazione razziale, istituzionalizzata e finanziata dalla stessa Europa che dà lezioni al mondo sui diritti umani», conclude la nota.

Nelle stesse ore in cui veniva divulgato il video, è arrivata la notizia che le autorità di sicurezza libiche hanno sospeso le attività di dieci organizzazioni umanitarie internazionali, accusate di essere parte di un «progetto per alterare la composizione demografica del paese attraverso l’insediamento di migranti africani». Tra le ong accusate dall’Asi (Agenzia per la sicurezza interna) libica ci sono, tra le altre, l’italiana Cesvi, Medici senza frontiere, Terres des hommes, International medical corps.

Salem Gaith, portavoce dell’Asi, ha puntato il dito anche contro l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, sostenendo che lo stesso sarebbe coinvolto in attività illegali, ragione per cui sarebbe stato sanzionato dal ministero degli affari esteri libico. Gheith ha affermato che, con il pretesto dell’azione umanitaria le ong avrebbero condotto operazioni di traffico di migranti e riciclaggio di denaro. Pochi giorni prima dell’annuncio della sospensione da parte delle autorità libiche, il ministro libico degli affari esteri ha ricevuto una lettera, firmata da diciassette ambasciatori, tra cui quelli d’Italia, Spagna, Gran Bretagna, Francia e Unione Europea in cui veniva denunciata la convocazione di almeno diciotto membri del personale delle ong, alcuni dei quali sarebbero stati costretti a firmare impegni a non lavorare mai più per un’organizzazione internazionale mentre ad altri veniva sottratto il passaporto. Gli ambasciatori hanno chiesto che fosse permesso alle ong di riaprire i loro uffici e di riprendere le operazioni umanitarie il prima possibile, esprimendo preoccupazione per l’impatto che una simile decisione potrebbe avere sull’assistenza sanitaria di base nella regione.

Il numero di migranti che oltrepassano i confini esterni per entrare in Europa, in base ai dati di Frontex, è sceso del 25%, con circa 24mila ingressi nel primo bimestre del 2025. Tutte le principali rotte usate dai migranti hanno registrato una diminuzione dei flussi, eccezion fatta per quella centro mediterranea. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno la rotta balcanica ha registrato una diminuzione del 64% con 1.400 ingressi, la mediterranea occidentale del 2% con 2.087 ingressi, quella africana occidentale del 40% con 7.182 ingressi e la mediterranea orientale del 35% con 6.465 ingressi. Come anticipato, la rotta mediterranea centrale, di cui fa parte la Libia, ha invece registrato un aumento del 48% arrivando a quota 6.863 ingressi. Il dato rappresenta un’inversione di tendenza rispetto all’anno precedente in cui si era registrata, rispetto al 2023, una diminuzione del flusso pari al 59% con 66.766 ingressi.

I migranti che intraprendono il viaggio seguendo questa rotta provengono per la maggior parte dall’Afghanistan, dal Pakistan, dal Bangladesh, dalla Siria, dal Sudan e dal Mali. La Libia rimane il principale punto di partenza su questa rotta, ma se il costo del viaggio per arrivare in Libia sembra essere ancora contenuto, il prezzo per la traversata marittima varia dai 5mila agli 8mila euro a persona.

Il Displacement Tracking Matrix dell’Organizzazione internazionale per i migranti (IOM) nel rapporto “Key findings – round 55” relativo al periodo compreso tra novembre e dicembre del 2024 ha identificato 824.131 migranti presenti in Libia. Il 79% era composto da maschi adulti, l’11% da donne adulte, il 10% da minori e circa il 3% da minori non accompagnati. Il 53% si trovava nella zona ovest della Libia, il 13% nel sud e il 34% nell’est del paese. Le nazionalità più numerose erano la sudanese, rappresentata dal 29% degli individui, nigeriana per il 23%, egiziana per il 20%, ciadiana per il 10% e nigeriana per il 4%. Il costo medio del viaggio varia in base alla regione di partenza; per chi parte dall’Asia si aggira sui 2800 euro, che scendono a 1230 per chi parte dal medio oriente, chi lascia il Nord Africa paga in media 40 euro per raggiungere la Libia, mentre per chi parte dall’Africa sub sahariana il costo è di circa 545 euro. Possono sembrare cifre irrisorie ma bisogna considerare che chi intraprende questo genere di viaggi in genere guadagna pochi euro al giorno. Per quanto riguarda i lavori svolti da queste persone, il 46% era costituito da operai edili, il 10% da operai di produzione, un altro 10% da lavoratori domestici, il 9% da lavoratori agricoli e il 7% da venditori.

Al tempo del regime di Gheddafi la Libia era considerata un’importante destinazione per i lavoratori dell’Africa subsahariana. Prima della caduta del Raìs nel 2011, si stima che la presenza di immigrati africani regolarmente impiegati in Libia fosse tra 1,5 e 2 milioni di persone, rappresentando un terzo della popolazione libica del tempo. L’orientamento panafricano del Colonnello favoriva l’immigrazione proveniente dai paesi vicini e si stima che nei primi dieci anni del nuovo millennio circa un milione e mezzo di lavoratori stagionali attraversassero ogni anno i confini libici meridionali.