«Le esprimo la mia ammirazione e gratitudine per il suo operato intelligente e coraggioso a favore dei nostri fratelli e sorelle rifugiati». A scriverlo, a dicembre 2016, era Papa Francesco, in una lettera indirizzata a Mimmo Lucano, sindaco di Riace, all’epoca all’inizio di un tritacarne giudiziario che lo ha fatto finire agli arresti, attraversare un processo, fino alla cancellazione dell’onta di quelle accuse che avevano trasformato la sua solidarietà nei confronti dei migranti in un reato, risultato inesistente. 

Un gesto, quello di Bergoglio, che è andato oltre la politica, oltre la religione: un atto di umanità pura, che dimostra come la fede possa incontrare l’impegno sociale, superando ogni barriera. In quelle parole, il Papa non solo riconosceva il lavoro del sindaco di Riace, ma lo abbracciava come un fratello, ricordando quanto sia fondamentale restare umani, anche nei momenti più difficili.

La missiva al «caro fratello sindaco» rappresenta un riconoscimento alle «iniziative, lotte personali e sofferenze di Lucano», in quei giorni impegnato al vertice organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze. Un riconoscimento del suo impegno sul tema delle migrazioni, molto caro a Bergoglio, che in poche righe lo ha celebrato come simbolo di un’accoglienza universale che va oltre ogni ideologia.

«Non si dimentichi di pregare per me o, se non prega, le chiedo che mi pensi bene e mi mandi “buona onda”», aveva concluso il Pontefice, un messaggio semplice, ma carico di umanità di un Papa lontano dall’essere solo una figura istituzionale. Un Papa che, come Lucano, credeva nell’immigrazione come risorsa e non come problema.

Lucano ha voluto ricordare quella lettera, sottolineando ciò la presenza di Bergoglio «significava nella tetra contemporaneità che ci è toccato vivere». Un dolore che arriva da un mondo sempre più frantumato da disuguaglianze e conflitti, in cui la voce del Papa rappresentava una luce nell’oscurità.

Lucano ricorda anche quella lettera del 2016 con emozione: «Nel dicembre del 2016, Bergoglio mi fece l’onore di recapitarmi una lettera, in cui mi ringraziava - ringraziava me, laico ed a dir poco “eterodosso”, semplice amministratore di un piccolo comune del sud Italia – ha evidenziato -. Mai nella mia vita avrei pensato che un pontefice potesse inviarmi una lettera di ringraziamento».

«Io, che per la mia formazione politica e culturale ho frequentato poco o nulla la Chiesa, mi sono avvicinato con fiducia e riconoscenza a tanti uomini e donne religiosi».

«Papa Francesco – ha concluso – ha alzato sempre la voce contro la barbarie, l’indifferenza, l’odio e la sete di potere e guadagno che molto spesso ci tengono in pugno; ha redarguito i potenti, perché ascoltassero le voci disperate dei sofferenti, senza mai tentennare per calcoli diplomatici». Un omaggio al Papa, ma anche un modo per rilanciare la necessità di continuare una lotta, che è anche la sua: quella contro l'indifferenza per un mondo più giusto e umano.