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«È una linea sicura?», è la domanda presente in quasi tutti i copioni dei film di spionaggio o gangster movie, pronunciata quando due personaggi si trovano ai capi opposti di una cornetta del telefono. Domanda che i funzionari statunitensi sembra non si siano posti, nel momento in cui si scambiavano informazioni classificate tramite Signal, un’applicazione di messaggistica crittografata, non autorizzata dal governo. Informazioni che riguardavano i piani d’attacco degli Usa contro gli houti, la milizia sciita in Yemen, e che sono finite “per sbaglio” sullo smartphone di Jeffrey Goldberg, direttore della rivista Atlantic.
«È spam, oppure uno scherzo» avrà pensato Goldberg nel momento in cui si è visto prima aggiungere tra i contatti del consigliere per la sicurezza e Michael Waltz, l’ 11 marzo, e due giorni dopo, da parte di Waltz, alla chat “Houthi PC small group” (PC sta per Principals Committee, derivazione del Consiglio di sicurezza nazionale). I due si erano già incontrati in precedenza ma dato il rapporto teso dell’amministrazione Trump con i giornalisti, Goldberg in un primo momento ha dubitato dell’attendibilità della chat, viste anche le critiche dallo stesso espresse sulle colonne dell’Atlantic, rivista di cui è caporedattore, nei confronti del 47’ Presidente Usa.
La chat era composta da 18 partecipanti tra cui: il citato Waltz; Vance, vicepresidente; Hegseth, segretario alla difesa; Rubio, segretario di stato; Gabbard, direttrice dell’intelligence; Ratcliff, capo della CIA; Miller, influente consigliere di Trump; Witkoff, inviato speciale per il Medio Oriente, coinvolto anche nelle trattative con la Russia per porre fine alla guerra in Ucraina. Non proprio la chat delle mamme o del calcetto. Goldberg, nonostante la naturale diffidenza di fronte a un simile evento, dopo essersi consultato con i colleghi, è rimasto nella chat, seguendone gli svolgimenti.
Nei giorni successivi alla sua aggiunta i partecipanti hanno iniziato a discutere dell’attacco, di tempi e modalità, oltre che delle armi che sarebbero state utilizzate. Il vicepresidente Vance sembrava inizialmente poco convinto dell’azione, infastidito dal fatto che anche le navi commerciali delle compagnie europee beneficiassero degli effetti dei raid, sentimento condiviso da Hegseth che ha bollato il comportamento degli stati europei come «patetico». «Odio salvare l’Europa», ha chiosato Vance prima di farsi convincere.
I dubbi di Goldberg sono stati dissipati sabato 15 marzo. Alle 11: 44, mezz’ora prima dell’attacco Hegseth invia nella chat i dettagli dell’attacco incombente, il cronoprogramma e i bersagli degli attacchi aerei e missilistici. Mezz’ora dopo viene data notizia del decollo degli F- 18 verso le posizioni yemenite nel primo pacchetto d’attacco. Seguono progressivi aggiornamenti sullo stato dell’operazione. Goldberg comincia a cercare febbrilmente la parola chiave Houthi sui social. Ci vogliono pochi minuti perché inizino a uscire notizie dei raid statunitensi sulle posizioni dei ribelli yemeniti, e il caporedattore dell’Atlantic si convinca che quello che credeva uno scherzo è invece la realtà. Fa una serie di catture delle schermate della chat e ne esce. Contatta immediatamente il governo. Il consiglio di Sicurezza e la Casa Bianca confermano che la chat e i messaggi in essa contenuti sono autentici, specificando però che non si tratta di conversazioni dai contenuti che potessero considerarsi classificati.
A questo punto Goldberg ha chiesto alle figure apicali della sicurezza nazionale se, data la natura non classificata dei documenti, si opponessero alla pubblicazione delle chat. Non avrebbe ricevuto risposta se non da Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca, che ha ribadito non si trattasse di documenti riservati, aggiungendo però che questo non significava che l’amministrazione ne incoraggiasse la pubblicazione, prima di opporsi alla stessa.
Il caporedattore dell’Atlantic fa orecchie da mercante e pubblica tutto ciò che non rappresenta un rischio per la sicurezza nazionale, omettendo alcune informazioni che avrebbero potuto mettere in pericolo agenti statunitensi presenti sul campo. La notizia è stata derubricata a bufala dalla Casa Bianca, Trump ha minimizzato e Waltz ha fatto mea culpa. Il tutto per ora sembra essersi risolto senza troppe conseguenze né per Waltz né per gli altri partecipanti.
Eventi che ricordano più Burn after reading dei fratelli Coen, che Tutti gli uomini del presidente di Pakula. L’utilizzo di Signal per comunicazioni simili è la prima anomalia, così come l’utilizzo di smartphone personali, tassativamente vietati persino nelle riunioni ad alto livello. L’amministrazione statunitense è dotata di tutta una serie di canali sicuri preposti a comunicazioni come quelle apprese da Goldberg. Lo stesso caporedattore sostiene che l’utilizzo di Signal per attività classificate costituirebbe una possibile violazione dell’Espionage Act, legge che regola, vieta e punisce attività e reati di spionaggio.
Il Signalgate potrebbe essere una contromossa del cosiddetto stato profondo (deepstate), il complesso di organi burocratici federali deputati all’amministrazione dello Stato, a cui Trump e la sua amministrazione hanno dichiarato guerra, portata avanti dal Doge ( Dipartimento per l’efficienza governativa) di Musk. Il miliardario sudafricano brandisce la motosega regalatagli da Milei e promette licenziamenti di massa a colpi di mail. Il Dipartimento di Musk, per rendere conto delle sue attività ai cittadini, avrebbe iniziato a diffondere dati relativi al risparmio ottenuto non proprio aderenti alla realtà, annunciando di aver ottenuto un risparmio di otto miliardi, quando il dato reale è otto milioni, alla fine è solo uno zero in più, si sarà trattato di un refuso, come Waltz avrà sbagliato a pigiare sul suo smartphone.
Che sia stata una disattenzione di Waltz o uno scaltro tranello preparatogli dallo stato profondo, a cui i funzionari dell’amministrazione Trump hanno in ogni caso fornito un goloso assist, rimane il fatto che membri del Consiglio di sicurezza nazionale, deputati alla difesa del più potente paese del mondo, hanno organizzato un attacco militare come si organizza una partita di burraco, mettendo in pericolo le vite dei militari che poi hanno condotto quell’attacco, se le informazioni fossero state passate ai ribelli questi ultimi avrebbero avuto il tempo di organizzarsi e rispondere all’attacco. Il tutto in palese violazione di tutti i protocolli di sicurezza e leggi sullo spionaggio, oltre che del buon senso.