Vladimir Putin è atterrato a Ulan Bator, capitale della Mongolia, per una serie di incontri diplomatici. Una visita ordinaria se non fosse che il Paese centroasiatico aderisce alla Corte penale internazionale, la stessa che ha emesso un mandato di arresto contro il presidente russo lo scorso anno. L'invito è arrivato dal suo omologo mongolo Ukhnaagiin Khurelsukh per commemorare l'85° anniversario di una vittoria militare della seconda guerra mondiale.

In teoria Putin dovrebbe essere arrestato per i crimini di guerra commessi in Ucraina. I paesi che hanno aderito al tribunale internazionale infatti sono vincolati dal diritto ad imprigionare le persone per le quali è stato emesso un mandato d'arresto (anche se tale requisito non è sempre rispettato).

Sembra però improbabile, anzi del tutto irrealistico, che si arrivi a tanto e lo dimostra l'atteggiamento del Cremlino che non sembra affatto preoccupato per la sicurezza del presidente Putin durante il viaggio. La conferma è arrivata anche dal portavoce Dmitri S. Peskov: «Non ci sono preoccupazioni. Abbiamo un dialogo eccellente con i nostri amici in Mongolia. Tutti gli aspetti della visita sono stati preparati con cura».

Secondo David Scheffer, ex ambasciatore degli Stati Uniti e capo negoziatore dello statuto che ha istituito la Corte penale internazionale, l'ipotesi di un arresto è altamente improbabile proprio perché Putin è stato invitato nel paese. Anzi, è probabile che il presidente russo usi la visita per propagandare e schernire la Cpi e l'Ucraina.

In effetti la Mongolia è stata sottoposta a numerose pressioni da parte della Corte, cosa che al momento non ha influito nonostante il pericolo che Ulan Bator possa vedere messe a repentaglio l'assistenza commerciale e allo sviluppo con gli altri membri della Cpi, così come il rischio di sanzioni diplomatiche, se intrattiene Putin senza ammanettarlo.

Si tratterebbe in realta di un caso che ha dei precedenti come quello che riguarda Omar Hassan al-Bashir, l'ex presidente del Sudan, spodestato nel 2019, accusato di genocidio nel 2009 e nel 2010 per crimini di guerra e contro l'umanità, si è recato in Stati membri come la Giordania e il Sudafrica senza conseguenze, nonostante fosse oggetto di due mandati di arresto della Corte dell'Aja.

Putin è finito nel mirino della Cpi un anno dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, il tribunale ha accusato il presidente russo e Maria Lvova-Belova, un alto funzionario, di aver rapito e deportato bambini dall'Ucraina, che è a sua volta membro del tribunale internazionale, anche se i russi hanno sempre negato le accuse.

La Corte. è stata istituita nel 2002 per perseguire le persone per crimini contro l'umanità, crimini di guerra e genocidio ai sensi dello Statuto di Roma, un trattato del 1998. Prima della sua creazione, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ospitava tribunali ad hoc per perseguire le atrocità in luoghi come l'ex Jugoslavia e il Ruanda.

I paesi membri sono 124; esclusi però gli Stati Uniti. Ma il tribunale non può processare gli imputati in contumacia e non ha modo di costringere un accusato a comparire davanti i giudici. Si affida invece alle autorità degli Stati membri per detenere i sospetti in modo che possano essere processati all'Aia.

In caso contrario, la Corte è tenuta a segnalare la questione all'organismo di gestione della Cpi, l'Assemblea degli Stati Parte, che si riunisce una volta all'anno. Ma le opzioni dell'Assemblea si limitano principalmente a sanzioni verbali. Dei 49 mandati di arresto emessi dal 2002, solo 21 hanno portato a detenzioni e comparizioni in tribunale. E ovvio che la Russia, la quale non riconosce la Corte, non consegnerà mai i propri funzionari.