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A utorità senza autorevolezza. E’ questa una sintesi semplificata della situazione in cui rischiano di trovarsi, da quasi un anno, due autorità amministrative indipendenti: l’autorità garante della privacy e quella delle comunicazioni. Infatti, da meno di un anno entrambi i presidenti e gli otto componenti ( quattro per autorità) sono scaduti dal mandato e il Parlamento non sembra intenzionato a sostituirli. Addirittura e opportunamente, nel caso della privacy, venne aperta una manifestazione di interesse online, sui siti web di Camera e Senato. Arrivarono 300 e oltre curricula. Salvo che dopo il termine di chiusura venne inopinatamente riaperta la call, probabilmente per consentire a qualche “ritardatario” di presentare anch’egli il suo curriculum. Circolano tanti nomi di possibili presidenti e commissari ma la regola, in questi casi, è proprio di evitare di fare circolare il nome giusto per “non bruciarlo”, come si dice. Questa la parte colorita della vicenda. Poi c’è la parte in chiaroscuro, che riguarda la natura e la funzione delle autorità. Che rappresentano e manifestano la vera crisi della rappresentanza politica. La quale ha abdicato al compito di normare su settori strategici della convivenza sociale ed economica delegando a delle autorità, di cui però si cerca di mantenere il controllo attraverso la scelta dei componenti. Si pensi al settore delle comunicazioni, dove ormai tutto viene deciso dall’autorità ( AGCOM) attraverso una normativa tecnica fatta di delibere, circolari, raccomandazioni che hanno una forza imperativa maggiore della legge. E poi ancora, le sanzioni economiche, che possono essere emesse nei confronti degli operatori del settore, anche di assai rilevante entità. Per questa sua attività di tipo para- legislativo e para- giurisdizionale, oltre a quella amministrativa riconosciutagli già nella qualificazione dell’organo, hanno acquisito una legittimazione di fatto, magari derivata dal diritto europeo, ma priva di una sua identità costituzionale. Insomma, le autorità svolgono funzioni e azioni pari ai tre poteri dello stato ( legislativo, esecutivo e giurisdizionale) senza però che abbiano un riconoscimento espresso nella Carta costituzionale, sono quindi dei fantasmi costituzionali. Eppure, continuano a fiorire sia pure in maniera differenziata. Concorrenza, comunicazioni, privacy, sciopero, trasporti, energie, mercato della borsa: tutte queste competenze oggi sono delegate a delle autorità, con buona pace della centralità del parlamento. Ci vorrebbe, piuttosto, un’unica legge che le disciplinasse e soprattutto le razionalizzasse. E che rendesse trasparente la scelta dei suoi componenti, che hanno un compito assai delicato, che comporta una competenza riconosciuta. E invece la scelta è riservata e decisa nelle stanze di ciò che rimane dei partiti, magari in favore di qualcuno che ha perso una sua posizione proprio nel partito e che quindi chiede una sorta di “ricompensa”. In violazione proprio della natura stessa delle autorità che devono essere indipendenti, dai partiti e dalla politica innanzitutto. Mentre invece non sono previsti requisiti per i componenti, se non talvolta una anodina formula di “esperti” della materia. L’idea di pubblicizzare i curricula degli aspiranti commissari – si è fatto per la privacy ma non per la comunicazione – è buona, a condizione che si apra davvero un dibattito pubblico sulle persone da nominare, magari attraverso una rosa di tecnici da fare audire dalle commissioni parlamentari competenti per materia. La competenza e l’autorevolezza sono gli elementi che devono caratterizzare chi va a svolgere un mandato presso le autorità amministrative indipendenti. Altrimenti queste rischiano di perdere autorità, indipendenza senza fare una buona amministrazione.