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Di tutto. Parla di tutto Renzi. Nella sua intervista di ieri al Foglio c’è un manifesto politico. Con brevi, brevissimi accenni alla giustizia. Solo elogiativi nei confronti di Bonafede, che incrocia nella corsia del sorpasso sul Pd. «Io ci sto», dice a proposito del sorteggio per l’elezione dei togati al Csm, ipotizzato dal guardasigilli ma sgradito ai dem. Dice anche che il ministro della Giustizia ha «obiettivi interessanti» riguardo alla riduzione dei tempi nel processo penale. Ma non si lascia sfuggire mezza parola sul tema vero: la prescrizione. Ed è chiaro il motivo.
È chiaro nella dichiarazione di venerdì sera, rilasciata alcune ore dopo il vertice a Palazzo Chigi fra il premier Conte, il guardasigilli Bonafede, il vicesegretario pd Orlando e il sottosegretario Giorgis: «Vi aspettiamo in aula per offrire i nostri suggerimenti». Una vuota, seppur minacciosa allusione? Non proprio. Perché il piano di Matteo già è disegnato, spiega dietro richiesta di anonimato una fonte di Palazzo Madama assai vicina a Renzi. «Se n’è parlato nei giorni scorsi all’interno del Italia viva», dice.
Maria Elena Boschi, intervistata sabato da Sky, vi ha fatto implicito riferimento, quando ha detto che sullo stop alla decorrenza dei termini processuali «cercheremo di trovare una soluzione». Quale? Semplice. «Italia viva, in Parlamento, e non nei vertici preliminari, chiederà che la norma sulla prescrizione venga modificata nel senso di ripristinare l’istituto per gli imputati assolti in primo grado», spiega la fonte renziana. Ecco la «soluzione condivisa» evocata da Boschi.
C’è un problema. Bonafede e il Movimento 5 Stelle non intendono tornare indietro sull’abolizione dell’istituto, approvata a fine 2018 con la “spazza corrotti”. «Entrerà in vigore il 1° gennaio», ha detto Bonafede, a proposito di quella norma, nella sua intervista di domenica scorsa al Fatto quotidiano. Laconico. Non c’è altro da aggiungere, dal suo punto di vista.
Ma adesso arriva Renzi. In apparenza frustrato per l’esclusione dal vertice di venerdì. In realtà contentissimo. Ha un motivo in più per dire la sua senza mediazioni. E lo farà. Con conseguenze imprevedibili. Perché per ora i parlamentari di Italia viva non fanno filtrare molto altro. Si sa appunto che sulla prescrizione considerano accettabile l’ipotesi del passo indietro parziale, relativo alle assoluzioni. Il punto è se il rigetto, quasi certo, dell’ipotesi li indurrà a far venir meno i loro voti sulla riforma del processo. Non è escluso.
Ma la fonte renziana non si sbilancia. Si limita a un’interessante analisi: «Se davvero entrasse in vigore uno stop totale alla prescrizione, nei prossimi anni si assisterebbe a un ingorgo pazzesco, a un grave rallentamento dei processi: verrebbe meno il solo elemento che oggi induce la magistratura inquirente a operare una pur impropria selezione tra i fascicoli», è il ragionamento. «Quelli che hanno qualche chances di arrivare a sentenza definitiva vanno avanti, gli altri no. Con lo stop alla prescrizione tale filtro scompare. E la quantità di procedimenti che si scaricherebbe sulle Corti d’appello sarebbe insostenibile. A quel punto, naufragherebbe qualsiasi intervento mirato a ridurre i tempi della giustizia penale».
I renziani rifaranno il ragionamento anche durante l’esame della riforma: questo sembra invece certo. La loro riflessione coincide in parte con l’analisi dell’Unione camere penali che ieri, contro la prescrizione, ha deliberato un’intera settimana di astensione dalle udienze, dal 21 al 25 ottobre. Non si può dire che Renzi abbia già deciso di bloccare la riforma penale qualora la sua ipotesi venga rigettata.
Ma certo, se decidesse di farlo, metterebbe in serissima difficoltà il Pd. Fin dall’intervista di un mese fa alla Stampa, Orlando ha sempre detto che lo stop alla prescrizione sarebbe anche un accidenti tollerabile, se però si introducessero altre garanzie processuali. Ma se invece Renzi bloccasse del tutto il ddl penale, il Pd di troverebbe costretto a chiedere di far slittare l’entrata in vigore della nuova prescrizione, come prefigurato nelle note diffuse dal Nazareno nello scorso fine settimana. Solo un via libera alla mezza correzione ipotizzata da Italia viva sbloccherebbe la partita. Via libera assolutamente improbabile. Certo, se arrivasse, Renzi certificherebbe la propria golden share nei confronti del Pd, nonostante le pattuglie parlamentari formalmente ridotte.
Franco Vazio, renziano di lungo corso ma rimasto nelle file del Pd, vicepresidente della commissione Giustizia di Montecitorio, da una parte minimizza il problema prescrizione ( «è solo una bandiera» ), ma dall’altra suggerisce un’analisi quasi sovrapponibile a quella di Italia viva: «Se ne analizzassimo gli effetti scopriremmo che, paradossalmente, allungherebbe i processi».
Dal fronte Nazareno si scorge la chiara volontà di non far precipitare gli eventi. Andrea Orlando, anzi, incontrerà di nuovo Bonafede nelle prossime ore. Si deciderà sullo spacchettamento del ddl delega, che sarà in parte riscritto, in modo da collocare su un binario più leggero la parte relativa al civile e far correre invece sulla linea ad alta velocità il ddl relativo al penale e al Csm. Si comincerà a stilare la road map per ridiscutere il decreto intercettazioni. Ma nel frattempo si dovrà fare i conti con il terzo incomodo, cioè Matteo Renzi. Come forse era chiaro fin dal mese di agosto.