PHOTO
Avvocato nel mirino del pm
«Non pensavo proprio di trovarmi in una situazione del genere. Avevo piena fiducia del mio avvocato e sono rimasto veramente senza parole quando ho scoperto che era stato radiato per motivi disciplinari dall'Ordine», afferma Sergio Briganti, imprenditore della provincia di Latina al quale nelle scorse settimane la Procura di Roma ha notificato l’ordine di esecuzione della pena per una sentenza di condanna a due anni di reclusione.
La vicenda inizia dieci anni fa quanto Briganti viene iscritto nel registro degli indagati della Procura di Roma per un reato contro l'amministrazione della giustizia.
Ricevuta l'informazione di garanzia, Briganti provvede subito a nominare come proprio difensore di fiducia l'avvocata D.D. del foro di Roma, presso il cui studio decide anche di eleggere domicilio.
D.D. da quel momento diventa quindi destinataria di tutte le notificazioni relative al procedimento in questione.
Come spesso accade in questi casi, per anni non accade nulla. O almeno è ciò che pensa Briganti. Essendo infatti passati anni senza alcuna comunicazione da parte del proprio avvocato, Briganti ritiene in assoluta buona fede che il procedimento si sia nel frattempo concluso con una richiesta di archiviazione da parte della stessa Procura.
Purtroppo per Briganti la realtà dei fatti è molto diversa in quanto la Procura chiude le indagini nei suoi confronti e nel 2017 ne chiede il rinvio al giudizio.
Ed è qui che iniziano i problemi per l'imprenditore.
D.D, ma questo Briganti lo scoprirà solo a distanza di anni, non partecipa all'udienza preliminare e alla successiva fase dibattimentale che inizierà l'anno successivo. Sia durante l’udienza preliminare che durante il dibattimento, i giudici faranno sempre ricorso al difensore d'ufficio.
«So bene che era mio onere attivarmi e seguire le sorti del giudizio», prosegue ancora Briganti, «e che il mio “disinteresse” non può essere certamente una giustificazione per quanto attiene la regolarità del giudizio». «Ma va considerato - prosegue - che sono stato impossibilitato dall'avere notizie sullo sviluppo si esso da parte del mio difensore dove, essendo domiciliato, era divenuto destinatario di ogni notificazione».
La sentenza di condanna in primo grado, emessa in contumacia nel 2018, non viene appellata e diventata così definitiva. Briganti scopre di essere stato condannato a distanza di anni quando i carabinieri lo chiamano in caserma per notificargli il provvedimento.
Dopo l'iniziale momento di sbandamento, Briganti cerca allora di contattare D.D che però risulta irreperibile all’indirizzo dello studio.
La circostanza insospettisce subito Briganti che decide di consultare l’Albo degli iscritti all’ordine degli avvocati di Roma scoprendo che D.D. era stata da tempo radiata dall'ordine di Roma a seguito di un procedimento disciplinare.
Briganti nomina allora un nuovo difensore.
Quanto accaduto potrebbe rientrare in quello che la giurisprudenza come "vuoto nell'assistenza difensiva".
L'ultima parola spetterà al giudice dell'esecuzione del tribunale di Roma al quale è stata presentata nei giorni scorsi una memoria affinché venga valutata la possibilità di dichiarare nulla la sentenza di primo grado e, se del caso, rimettere nei termini per proporre appello.
Nel frattempo la macchina della giustizia è andata avanti in maniera inesorabile e il tribunale di sorveglianza ha disposto per Briganti l'affidamento in prova ai servizi sociali.
Quanto accaduto deve far riflettere ancora una volta sull'importanza di verificare tramite l'albo professionale la posizione del proprio difensore di fiducia.
Un’accortezza che viene spesso sottovalutata ma che risulta essere di primaria importanza in tutte le professioni ordinistiche.
I casi di esercizio abusivo della professione non riguardano solo l’avvocatura. Si pensi, ad esempio, a ciò che accade nell’ambito delle professioni sanitarie dove le cronache riportano quotidianamente, soprattuto nel settore della chirurgia estetica, tantissimi casi di esercizio dell’attività senza alcun titolo.
Tornando comunque a Briganti non gli resta che aspettare il futuro provvedimento del giudice dell’esecuzione del tribunale della Capitale.