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Niente scarcerazione, il cardinale australiano George Pell resta in cella. È stato infatti respinto il suo ricorso in appello contro la sentenza di condanna comminata all’unanimità dello scorso dicembre per abusi sessuali su minori commessi nel corso di interi decenni.
«Il cardinale Pell continuerà a scontare la sua pena di 6 anni in prigione», ha dichiarato il giudice capo della Corte Suprema dello stato australiano di Victoria, Anne Ferguson, annunciando che il prelato ha perso il ricorso con una sentenza a maggioranza di 2 a 1. L’ex tesoriere del Vaticano, 78 anni, dallo scorso marzo sta scontando la condanna a 6 anni per aver abusato sessualmente di due ragazzini di 13 anni negli anni Novanta, quando erano coristi della cattedrale St. Patrick, a Melbourne.
Pell è il più alto prelato della Chiesa cattolica mai condannato per abusi sessuali su minori e il verdetto, dopo oltre due mesi di deliberazione da parte dei giudici, è stato pronunciato in un tribunale affollato da vittime di abusi, attivisti, avvocati e giornalista. Un processo che ha avuto un grande cassa di risonanza mediatica e che ha spinto Papa Bergoglio a inasprire i controlli del Vaticano sul comportamento di preti, vescovi e cardinali.
Gli avvocati di Pell avevano basato il ricorso sul fatto che la condanna era arrivata sulla base della testimonianza a porte chiuse da parte di una sola delle due vittime, l’unico sopravvissuto. Lunedì il padre della seconda vittima di Pell, morto di overdose nel 2014, aveva auspicato in un’intervista che l’uomo di chiesa rimanga in prigione per tutta la durata della pena.
Pell potrà in ogni caso presentare un ulteriore ultimo ricorso presso l’Alta Corte australiana, il massimo organo giudiziario del Paese.
Pell era stato nominato vescovo ausiliario dell’arcidiocesi di Melbourne nel 1987, diventando arcivescovo metropolitano della città nel 1996. Era stato nominato cardinale il 21 ottobre del 2003 da Giovanni Paolo II e nell’aprile del 2014 era stato scelto da Papa Francesco come prefetto della neocostituita Segreteria per l’economia vaticana. Dopo due anni di indagini, nel giugno del 2017, il porporato è stato incriminato in Australia «per reati storici di violenza sessuale».
Nel febbraio del 2019 il Vaticano ha comunicato di aver proibito a Pell «l’esercizio pubblico del ministero» e «il contatto in qualsiasi modo e forma con minorenni» . Il portavoce del cardinale si è detto «deluso» della sentenza di appello e, in una nota ufficiale, ha rivendicato l’innocenza di Pell: «I suoi legali esamineranno la sentenza meticolosamente per determinare la richiesta di un congedo speciale all’Alta Corte». «Il cardinale Pell», conclude, «continua a dichiararsi innocente, Ringraziamo i suoi numerosi sostenitori».