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Associated Press/LaPresse
Le previsioni sono fatte per essere smentite su tante questioni, compresa l’elezione del successore di Papa Francesco, in vista del prossimo Conclave, ma anche per disegnare possibili scenari che non è detto siano molto distanti da quanto immaginato. Il detto “Chi entra nel Conclave Papa, ne esce cardinale” continua comunque ad essere utilizzato da più parti ed è ricorrente in questi giorni.
A poche ore dalla dipartita di Jorge Mario Bergoglio l’elenco dei “papabili” ha iniziato ad alimentare una serie di riflessioni. I nomi che circolano sono una decina circa. I cardinali elettori viventi sono 135 e la loro distribuzione si distingue in base al pontificato di creazione: 5 cardinali provengono dal pontificato di Giovanni Paolo II, 22 dal periodo al Soglio di Pietro di Benedetto XVI e 108 sono i cardinali creati da Papa Francesco. Nell’elenco pubblicato sul sito della Santa Sede, aggiornato al 19 aprile, manca il nome del cardinale Angelo Becciu, coinvolto negli anni scorsi in una inchiesta giudiziaria.
Un nuovo cammino sulle orme di Papa Francesco
Tra i porporati voluti da Bergoglio potrebbe avvenire l’elezione del nuovo pontefice. Qualche osservatore dice per garantire una continuità con l’opera avviata del Papa venuto dalla “fine del mondo” anche se è impensabile che un pontificato sia perfettamente sovrapponibile ad un altro. Certo, le riforme avviate da Francesco non potrebbero neppure essere accantonate. Ogni Papa però vuole connotare la propria presenza in Vaticano con sensibilità e forze diverse.
Il fattore anagrafico, per garantire una durata del pontificato più lunga possibile, per lasciare in eredità qualcosa di importante per la cristianità e non solo, potrebbe essere rilevante in vista delle scelte che i cardinali faranno nella Cappella Sistina. Durante il Conclave, gli elettori cercheranno qualcuno capace di interpretare i bisogni di una Chiesa globale e una figura credibile sulla scena mondiale.
Il prossimo Papa sarà un italiano o lo sguardo della Chiesa verrà rivolto all’Asia, dove l’opera di evangelizzazione nelle “periferie del pianeta”, più volte ricordate da Francesco, ha anche motivazioni di politica ecclesiastica con un occhio attento verso la Cina? Alcuni cardinali, ritornando al tema di fondo – quello delle previsioni –, parrebbero favoriti per l’elezione a Pontefice.
Nel segno della continuità: Parolin, il diplomatico
Partiamo da chi ha lavorato a più stretto contatto con Papa Francesco, il Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin. La sua figura viene considerata di compromesso tra progressisti e conservatori. Non a caso Parolin (70 anni) è stato un diplomatico della Santa Sede tra i più apprezzati, prima di ricoprire l’incarico affidatogli da Papa Francesco, nel 2013, come Segretario di Stato.
Con Benedetto XVI Parolin è stato nunzio apostolico in Venezuela, dove ha difeso la Chiesa dai tentativi dell’allora presidente Hugo Chavez di indebolirla. Aperto sempre al dialogo e alla costruzione di ponti, il cardinale di origini venete è stato il principale artefice del riavvicinamento del Vaticano alla Cina e al Vietnam. Un attivismo in Estremo Oriente non tanto apprezzato dall’ala conservatrice che si muove nei sacri palazzi. L’attenzione verso la Cina mostrata dal Segretario di Stato vaticano ha avuto un fine molto preciso: evitare uno scisma e tenere aperto un canale di comunicazione con il governo di Pechino.
Chi conosce bene Parolin lo definisce un “uomo del fare” non un attivista in prima linea o rumoroso nelle guerre culturali della Chiesa, che vertono, per esempio, su questioni rilevanti come l’aborto e i diritti degli omosessuali, anche se in un’occasione il Segretario di Stato vaticano ha condannato il matrimonio tra persone dello stesso sesso in alcuni Paesi, parlando di “sconfitta per l’umanità”. Nel profilo tracciato dalla Reuters, Pietro Parolin viene descritto come una “persona gentile e dalla voce dolce”. Con lui ritornerebbe un Papa italiano al Soglio di Pietro, dopo Giovanni Paolo II (Polonia), Benedetto XVI (Germania) e Francesco (Argentina).
Matteo Maria Zuppi, il “Bergoglio italiano”
L’arcivescovo di Bologna è nato a Roma l’11 ottobre 1955 ed è il presidente della Conferenza episcopale italiana. Sono in tanti a credere nella sua elezione alla guida della Chiesa cattolica. Nel 2015, quando fu nominato arcivescovo di Bologna, Zuppi venne definito il “Bergoglio italiano” per l’attenzione continua rivolta ai più emarginati che abitano le periferie sociali. Papa Francesco, quando viveva a Buenos Aires, si considerava un “prete di strada”, lo stesso si può dire per Zuppi, che ha posto al centro della propria vita i migranti e i poveri, senza badare agli sfarzi e al protocollo.
Si fa chiamare “Padre Matteo”; a Bologna preferisce spesso la bicicletta all’auto di servizio. Il cardinale Zuppi è legato alla Comunità di Sant’Egidio, gruppo cattolico presente in tutto il mondo impegnato nella promozione della pace e della giustizia, dove ha trascorso la maggior parte della propria vita come sacerdote. Anche al “Bergoglio italiano” sono attribuite grandi doti diplomatiche. Sant’Egidio – definita le “Nazioni Unite di Trastevere” - ha mediato un accordo di pace nel 1992 che ha portato alla fine della guerra civile in Mozambico, durata quasi vent’anni. Il lavoro di Zuppi, in veste di mediatore, fu in quell’occasione determinante.
Con l’aggressione militare della Russia ai danni dell’Ucraina, nel febbraio 2022, Papa Francesco ha inviato il cardinale Zuppi a Mosca per lavorare ad un cessate il fuoco e al rimpatrio dei bambini ucraini deportati in Russia e nei territori controllati dai russi. Nessun risultato utile è stato raggiunto dalla Santa Sede.
Enrico Zuppi, padre dell’arcivescovo di Bologna, è stato direttore del supplemento domenicale del quotidiano vaticano L’Osservatore Romano. Lo zio della madre di Matteo Zuppi, Carlo Confalonieri, è stato cardinale e arcivescovo dell’Aquila.
Dalla Terra Santa (insanguinata) al Vaticano?
Sua Beatitudine il cardinale Pierbattista Pizzaballa (Ofm), Patriarca di Gerusalemme dei Latini, è nato a Cologno al Serio, in provincia di Bergamo, il 21 aprile 1965. È entrato nell’Ordine dei frati minori il 5 settembre 1984 a Ferrara e ha trascorso l’anno di noviziato nel Santuario francescano di La Verna (Arezzo-Italia). A Bologna, il 15 settembre 1990, è stato ordinato sacerdote. Trascorso un periodo a Roma si è trasferito in Terra Santa, a Gerusalemme, nell’ottobre di trentacinque anni fa. Il 2 luglio 1999 è entrato al servizio della Custodia di Terra Santa.
Ha ricoperto il ruolo di Vicario Generale del Patriarca Latino di Gerusalemme per la cura pastorale dei cattolici di espressione ebraica in Israele. Dal 2008 è Consultore nella Commissione per i rapporti con l’Ebraismo del Pontificio Consiglio Promozione Unità dei Cristiani. Pierbattista Pizzaballa è stato nominato Custode di Terra Santa per la prima volta nel maggio del 2004, per un periodo di sei anni. Nel maggio 2010 è stato riconfermato dal ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori per un altro mandato di tre anni e, nel giungo 2013, per ulteriori tre anni.
Il 24 giugno 2016 Papa Francesco ha nominato Padre Pizzaballa amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, sede vacante, fino alla nomina di un nuovo Patriarca. Il 15 luglio 2016, in occasione della riunione del Collegio dei Consultori del Patriarcato latino, Sua Beatitudine il Patriarca emerito Fouad Twal ha proceduto al passaggio dei suoi poteri all’arcivescovo Pizzaballa, designato Amministratore Apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, come da decreto di Papa Francesco. Sua Beatitudine Pizzaballa parla italiano, ebraico moderno e inglese. Nel 1995, ha curato la pubblicazione del messale romano in lingua ebraica e ha tradotto vari testi liturgici in ebraico per le comunità cattoliche in Israele.
La grande esperienza nei luoghi più importanti della cristianità fanno di Pizzaballa, secondo molti osservatori, uno dei cardinali con più probabilità di diventare il nuovo Papa. Dalla sua parte anche l’età, 60 anni appena compiuti. Nella Terra Santa insanguinata il Patriarca di Gerusalemme ha sempre assunto una posizione ferma e coerente, condannando le violenze da entrambe le parti, senza usare giri di parole. Nell’omelia di Pasqua è stato chiarissimo: «Non siamo degli illusi. Sappiamo cosa sta accadendo tra noi e nel mondo, e non abbiamo molte speranze sulla capacità dei governanti di individuare soluzioni, che, purtroppo, appaiono sempre più lontane. E non possiamo non esprimere la nostra preoccupazione per un possibile ulteriore deterioramento della situazione politica e dell’aggravarsi del disastro umanitario che si sta compiendo, soprattutto a Gaza. Penso in particolare alla nostra piccola comunità che da molti mesi, ormai, è diventata segno e simbolo di solidarietà e speranza, una piccola barca ancorata alla vita, in un mare di dolore e di sofferenza».
L’outsider e la novità assoluta
Il cardinale Luis Antonio Gokim Tagle, 67 anni, è filippino. Anche per questo profilo non sono mancate le associazioni con Papa Bergoglio. Tagle è spesso chiamato il “Francesco asiatico” per l’impegno in favore della giustizia sociale. Potrebbe essere il primo Pontefice proveniente dall’Asia. Sulla carta, Tagle, che preferisce essere chiamato con il suo soprannome “Chito”, sembra avere i requisiti per diventare Papa.
Ha maturato decenni di esperienza pastorale, fin dalla sua ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1982. Si è distinto altresì per le capacità gestionali e amministrative, prima come vescovo di Imus e poi come arcivescovo di Manila. Tagle è stato creato cardinale da Papa Benedetto XVI nel 2012. Sei anni fa Bergoglio ha chiamato in Vaticano l’arcivescovo di Manila, nominandolo a capo del braccio missionario della Chiesa, il Dicastero per l’Evangelizzazione. Le Filippine ospitano la più grande popolazione cattolica dell’Estremo Oriente. Il cardinale Tagle è figlio di una cittadina filippina di origini cinesi. Parla fluentemente italiano e inglese. Dal “polmone cattolico dell’Asia” la novità assoluta per la Santa Sede? Lo sapremo nei prossimi giorni.